Essere presenti in molti mercati internazionali del vino significa certamente possedere la soluzione principale al problema di vuotare la propria cantina. Meno chiaro è invece comprendere quale siano le voci che fanno lievitare il prezzo di una bottiglia, anche in modo considerevole, appena questa varca i propri confini nazionali. A chiarire in modo per certi aspetti inatteso, queste dinamiche ci ha pensato la camera di commercio spagnola a New York, prendendo in esame forse il mercato più importante: gli Stati Uniti. Dall’analisi dell’ente spagnolo emerge la catena dei costi che porta una bottiglia di vino venduta dal produttore a 6 dollari, ad arrivare a costare al dettaglio 17,44 dollari e al ristorante addirittura 29 dollari. L’indagine evidenzia in modo decisamente chiaro il fatto che è il sistema distributivo americano che determina in maniera preponderante il rincaro della bottiglia in America. Infatti, i costi sostenuti per il trasporto sono irrisori, e pesano sul costo unitario a bottiglia solo per mezzo dollaro. Così come i costi sostenuti per tasse e/o dazi che incidono ugualmente in modo molto contenuto: 0,3 dollari. Passando alla voce importatore, l’analisi spagnola evidenzia
che il suo ricarico è pari a 2 dollari a bottiglia (il 30%) e che il distributore “obbligato” negli Usa,ricarica ancora altri 2,7 dollari. Infine, il dettagliante o il ristoratore, che rischiando maggiormente di non piazzare la bottiglia e trattando quantità più basse, ricaricano rispettivamente del 50% e del 150%. Questa è la lunga filiera del mercato americano che limitano le vendite delle moltissime varietà autoctone presenti nel Belpaese.
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