Il problema della certificazione delle 118 Igt italiane (dall’Allerona dell’Umbria al Weinberg Dolomiti dell’Alto Adige), una quota non indifdferente della produzione vinicola (una decina di milioni di ettolitri, il 27% delle Denominazioni) sta diventando un “magma”, una massa inestricabile di interessi (privati e pubblici) e di questioni (politiche, contabili, burocratiche) da cui diventa ogni giorno più difficile venir
fuori con una soluzione condivisa dal Mipaaf e da tutti gli attori della filiera. “E’ un magma” dice il presidente dell’Unione Italiana Vini, Lucio Mastroberardino, che sul tema della certificazione sta conducendo una battaglia all’insegna della trasparenza e della condivisione delle procedure di controllo ora gestite dagli “enti certificatori” (con il legittimo
proposito di far sentire la voce della produzione e di ridurre, in qualche modo, il peso dei costi in un momento in cui i margini della filiera cominciano a ridursi. “E’ un magma” dice uno dei più alti dirigenti di
ValorItalia, il più grande “ente terzo” di certificazione (75% del mercato, 12 milioni di euro di fatturato) controllato da Federdoc (al 50%) e da Csqa.
Perchè è un magma? Perchè a due anni di distanza dall’entrata in vigore delle
regole comunitarie dell’Ocm Vino (che di fatto equiparano le Igt alle Doc e alle Docg che hanno, invece, contabilità ipertrasparenti), nessuno oggi è in grado di dire con certezza quante bottiglie di Igt si producono. “Eppure sarebbe semplice” spiega il presidente di ValorItalia e di Federdoc,
Ricci Curbastro “basterebbe confrontare il carico, cioè vigneti e produzione, con il numero delle bottiglie”. Probabilmente non è così semplice se sulla questione certificazione delle Igt da una settimana i vertici della burocrazia enologica del Mipaaf e la filiera non riescono a “trovare la quadra” per usare un’espressione entrata nel linguaggio della politica. La quadra, cioè il compromesso possibile su chi debba fare i controlli, con quali procedure, e chi debba pagarli. Nella scorsa riunione scorso sono emerse due posizioni: chiedere al Mipaaf di continuare a fare i controlli fino al 2013 e limitarli agli imbottigliatori (escludendo o riducendo al minino quelli su viticoltori e vinificatori). Ma con quali risorse? Nel frattempo, nel mercato della certificazione il clima si surriscalda: Federdoc ha impugnato in sede Ue il parere dell’Antitrust che considera il sistema dei controlli “ lesivo della concorrenza”.
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