Maurizio Peroni

LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !

venerdì 28 ottobre 2011

LA TRACCIABILITA' DEL VITIGNO ATTRAVERSO IL SUO DNA

L'America investe sulla ricerca. E questa non è una novità. Ma se la ricerca in questione è italianissima ed è costretta a volare Oltreoceano per essere presa in considerazione, finanziata e - se funziona- applicata, allora viene da chiedersi perché. Stiamo parlando dello studio sul DNA del vino della Serge-genomics (spin-off dell'Università di Siena guidato dalla ricercatrice Rita Vignani) che è stato scelto
e finanziato dal Ttb , l'agenzia doganale degli Stati Uniti che si occupa di alcol e tabacco. Che nessuno sia profeta in patria lo si sa, ma in questa storia c'è qualcosa di strano. “Probabilmente è la paura – dice Rita Vignani – i produttori sono consapevoli che introdurre l'esame del Dna significa assoluta trasparenza. Poi c'è un problema di gelosia scientifica tra istituti e ricercatori: chi prima negava la validità dello studio genetico sul Dna del vino, adesso è pronto a prendersene i meriti. Debbo dire che in Italia l'unico ente preso in considerazione è San Michele all'Adige. Ma noi non vogliamo fare la stessa fine di Meucci a cui Bell soffiò
l'invenzione del telefono”. Ecco, in poche parole, il caso Dna che in questi giorni divide i favorevoli alla tracciabilità genetica del vino e i contrari. Tra questi ultimi il presidente Consorzio Brunello di Montalcino, Ezio Rivella , il quale
ammette: “Sì, la paura c'è. Prima di tutto è paura dei costi che ricadrebbero sui produttori. In ogni caso vogliamo essere cauti, se non si pronuncia San Michele All'Adige, noi del Brunello non ce la sentiamo di mettere in pratica un sistema ancora da verificare”. C'è da dire, a questo punto, che l'istituto trentino è anch'esso impegnato da molti anni nello studio del Dna, sebbene non abbia ancora prodotto risultati applicabili come quelli di Siena. Stella Grando, responsabile del Diagnostica genetica di San Michele, tiene a precisare: “Non esistono ancora
pubblicazioni ufficiali sullo studio di Siena e protocolli applicabili. Se il Ttb
americano ha prolungato l'investimento è proprio perché non si è ancora giunti ad una conclusione. I nostri risultati, finanziati dall'Ager (consorzio di 13 fondazioni bancarie che ha messo a disposizione dell'istituto tre milioni di euro, nd.r.) verranno fuori solo quando saremo in grado di analizzare il Dna in toto, non solo un parte”. Domanda: se i due istituti stanno studiando la stessa materia come mai non
condividono i loro risultati? “Il vero problema è condividere i finanziamenti – dice Stella Grando – ognuno si tiene stretti quelli che riesce a trovare, insieme alle proprie scoperte. A meno che non sia un ente nazionale pubblico a commissionare uno studio...”. E quale miglior ente nazionale pubblico del Mipaaf? Peccato che dal Ministero viene la seguente risposta:“Al momento non esiste una normativa né italiana, né europea che regolamenti l'analisi del vino attraverso il Dna – spiega
Michele Alessi responsabile del dipartimento vitivinicolo - Se lo studio di Siena darà i suoi frutti e il Ttb americano ne confermerà la validità, allora ne prenderemo atto”. Intanto ne “ha preso atto” il Consorzio della Vernaccia di San Gimignano (82
soci, 10milioni di bottiglie) che sta già sperimentando il metodo. I primi risultati sono positivi e presto ci sarà il riconoscimento ufficiale. Probabilmente sarà il primo Consorzio con la certificazione “Dna Traced”. Speriamo non sia l'ultimo.

MERCATO DEL VINO 2011

Adriano Orsi, presidente del settore vitivinocolo di Fedagri, la più grande centrale enocooperativa italiana (140mila soci per 18milioni di hl di prodotto),nell'assemblea annuale della sua federazione ha evidenziato due cose: che la qualità del vino
italiano ha creato una grande ricchezza in questi anni; ma che questa ricchezza oggi
è in pericolo perchè, paradossalmente, il balzo dei prezzi (dal 20 al 50% in più rispetto alla campagna 2010) rischia di scardinare l'equilibrio della filiera, dal produttore ai vari segmenti della wine industry (imbottigliatori, commercianti,
trader).0rsi lo dice chiaramente ai suoi associati: "La vendemmia è stata scarsa, sei-sette milioni di ettolitri in meno, due volte la produzione della Grecia e
del Portogallo; la materia prima s'è fatta improvvisamente scarsa e di conseguenza i prezzi sono schizzati verso l'alto. Una buona notizia per i viticoltori ma solo all'apparenza perchè in un sistema complesso è evidente che la filiera industriale
e commerciale non potrà trasferire sul prezzo finale della bottiglia incrementi di costi di tale dimensione". Paradosso nel paradosso, la giusta strategia del "fly to quality" ha fatto salire la produzione di vini a denominazione ma ha ridotto drasticamente quella dei vini da tavola che sono una quota importante dei consumi. "Comincia a mancare il vino da tavola" dice Corrado Casoli,del Gruppo Italiano Vini,
un colosso da 340 milioni di euro di fatturato (stima 2011) e quel poco che c'è, lo si deve pagare caro". Oppure fare come tante Cantine che vanno in Spagna a comprare il vino da tavola pagandolo il 20-30% in meno, bypassando il maggior costo della
materia prima italiana e azzerando quindi il surplus di reddito atteso dai produttori. "Per la cooperazione" aggiunge Orsi di Fedagri "è ancora più complicato perchè le cantine debbono ritirare la materia prima dei soci ma non possono ignorare i maggiori prezzi registrati sul mercato". "Chi rischia davvero" spiegano alla Caviro di Faenza primo produttore italiano con 180milioni di litri (Tavernello e altri marchi popolari) "sono gli imbottigliatori che producono per la grande
distribuzione e che quest'anno si vedranno costretti a ridurre i loro margini, considerando anche tutti gli altri aumenti (vetro, tappi, logistica, etc), pur di restare sugli scaffali dei supermercati". L'annata 2011 sarà davvero difficile.

CONCORRENZA SLEALE ANCHE NEL VINO

In Sud Africa, settimo produttore al mondo di vino, alcune cantine violano i diritti dei lavoratori agricoli. Ecco l’accusa del rapporto “Ripe with Abuse: Human Rights Conditions in South Africa’s Fruit & Wine Industries” dell’organizzazione “Human Rights Watch”. Le accuse? Da operai costretti a vivere in porcilaie, spesso senza avere accesso ai servizi igienici o acqua potabile, esposti a pesticidi tossici e
a cui viene negato l’accesso a dispositivi di sicurezza. Ma la Wines of South Africa, organizzazione che promuove i vini del Paese che, pur condannando la violazione di diritti umani, sostiene che il rapporto sia prevenuto, e che possa avere un’influenza negativa sull’economia dell’enologia sudafricana e non solo, temendo boicottaggi da cui sarebbero danneggiati anche i produttori onesti. Un caso, comunque, che ripropone interrogativi ai quali si pensa poco quando si parla di vino nel mondo.

IL VINO GLOBALE

Se il mondo dell’enologia punta forte sulla riscoperta dei vini da vitigni autoctoni in purezza, gli appassionati non sembrano essere così “integralisti” in questo senso. Almeno secondo il sondaggio della rivista Decanter, che ha chiesto ai lettori se i coltivatori facciano bene ad impiantare varietà diverse da quelle autoctone. Lo spunto viene dalla notizia di alcuni vigneron del sud della Francia, che hanno deciso di puntare sul Sangiovese, varietà tanto cara alla viticultura del Centro Italia. Gli inglesi sembrano avere le idee chiarissime su questa “globalizzazione” in vigna: quasi la metà di loro (il 48%) crede che una percentuale di vitigni internazionali sia del tutto accettabile, a patto che non vada ad influire sul carattere di un
terroir; il 38% di loro, invece, ritiene sì che non ci sia niente di meglio dei vitigni autoctoni, ma pensa che sia giusto che i vignaioli coltivino ciò che vogliono, mentre solo il 14% ritiene che il Sangiovese coltivato in qualsiasi Regione che non sia la Toscana sia un vero e proprio abominio. Insomma, una piccola percentuale di vitigni internazionali in un vigneto non può scalfire l’unicità di un territorio.
Un concetto questo che dovrà valere anche per il vino? A preoccuparsene dovranno essere sopratutto i piccoli vignaioli.

sabato 1 ottobre 2011

I MAGNIFICI 10 DEL GAMBERO

ECCO I RICONOSCIMENTI SPECIALI ASSEGNATI DAL GAMBERO ROSSO:
Il Rosso dell'anno
Carignano del Sulcis Sup.
Arruga '07 - Sardus Pater

Il Bianco dell'anno
Verdicchio dei Castelli
di Jesi Sup. V.V. '09
Umani Ronchi

Le Bollicine dell'anno
Franciacorta Extra Brut 05
Ferghettina

Il Dolce dell'anno
Cristina V.T. '08 - Roeno

La Cantina dell'anno
Tasca d'Almerita

Miglior rapporto qualità/prezzo
Lambrusco di Sorbara
Lecllisse '10
Gianfranco Paltrinieri

Il Viticoltore dell'anno
Sergio Mottura
Giuseppe Russo

La Cantina emergente
Mattia Barzaghi

La viticoltura sostenibile
Alois Lageder

TRE BICCHIERI NELLE MARCHE

Le Marche hanno sempre più una vocazione bianchista e il Verdicchio dei Castelli di Jesi fa la parte del leone.Oramai anche i più critici si sono arresi al fatto che ci si trova davanti a una delle più intressanti varietà a bacca bianca, come sembrerebbe voler dire il premio di miglior bianco dell’anno al Vecchie Vigne di Umani Ronchi. Non c’è stile che predomini sugli altri: c’è chi predilige un registro freschissimo (Tavignano e Monteschiavo) o più potente (Marotti Campi), chi la finezza a tutti i costi (Garofoli, Sartarelli) senza ricorrere all’uso del legno. E chi preferisce affidarsi a barrique e tonneau (Santa Barbara e La Distesa) raggiungendo per altre vie pari eleganza. Non bastasse, la regione può vantare un territorio di grande vocazione: Matelica. Verdicchio raffinatissimi, longevi, innervati di profonda sapidità che negli anni si tramuta invariabilmente in mineralità. Oltre ai già conosciuti nomi di Belisario e La Monacesca, Bisci e Borgo Paglianetto raggiungono valutazioni altissime. Per contro sembra cedere la vocazione rossista: il montepulciano - vitigno cardine - coltivato dal Conero al più vasto areale piceno è difficile in quanto tardivo, difficile da guidare alla giusta maturazione e incline alla riduzione, ossia a quelle velature olfattive che accentuano il suo aspetto rustico. I risultati sono nasi spesso surmaturi, talora abbinati a un’esuberanza alcolica trabordante o eccessivamente marcati dal legno. Non è un caso che i rossi che riescono a ottenere i Tre Bicchieri hanno personalità (Oasi degli Angeli e Aurora). E' in forte crescita la qualità media dei bianchi a base di Pecorino, con San Savino protagonista esclusivo della denominazione. Il pesarese conferma la buona tendenza di crescita e Valturio non è più sola nel testimoniare che anche lì, con le dovute attenzioni, si può perseguire un ideale di alta qualità. Ecco l'elenco completo dei vini premiati:
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Sup. Misco 2010 - Tavignano
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Sup. Pallio di San Floriano 2010 - Monte Schiavo
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Sup. Balciana 2009 – Sartarelli
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Sup. Casal di Serra Vigne Vecchie 2009 - Umani Ronchi
Verdicchio di Matelica Mirum Ris. 2009 – La Monacesca
Verdicchio di Matelica Vertis 2009 – Borgo Paglianetto
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Sup. Gli Eremi 2009 – La Distesa
Verdicchio di Matelica Vign. Fogliano 2008 – Bisci
Verdicchio di Matelica Cambrugiano Ris. 2008 – Belisario
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Salmariano Ris. 2008 – Marotti Campi
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Gioacchino Garofoli Ris. 2006 – Garofoli
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Stefano Antonucci Ris. 2009 - Santa Barbara
Barricadiero 2009 – Aurora
Kurni 2009 – Oasi degli Angeli
Valturio 2009 - Valturio
Rosso Piceno Sup. Roggio del Filare 2008 – Velenosi
Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Vigna Novali Ris. 2008
Terre Cortesi Moncaro
Offida Pecorino Ciprea 2010 – San Savino