L'America investe sulla ricerca. E questa non è una novità. Ma se la ricerca in questione è italianissima ed è costretta a volare Oltreoceano per essere presa in considerazione, finanziata e - se funziona- applicata, allora viene da chiedersi perché. Stiamo parlando dello studio sul DNA del vino della Serge-genomics (spin-off dell'Università di Siena guidato dalla ricercatrice Rita Vignani) che è stato scelto
e finanziato dal Ttb , l'agenzia doganale degli Stati Uniti che si occupa di alcol e tabacco. Che nessuno sia profeta in patria lo si sa, ma in questa storia c'è qualcosa di strano. “Probabilmente è la paura – dice Rita Vignani – i produttori sono consapevoli che introdurre l'esame del Dna significa assoluta trasparenza. Poi c'è un problema di gelosia scientifica tra istituti e ricercatori: chi prima negava la validità dello studio genetico sul Dna del vino, adesso è pronto a prendersene i meriti. Debbo dire che in Italia l'unico ente preso in considerazione è San Michele all'Adige. Ma noi non vogliamo fare la stessa fine di Meucci a cui Bell soffiò
l'invenzione del telefono”. Ecco, in poche parole, il caso Dna che in questi giorni divide i favorevoli alla tracciabilità genetica del vino e i contrari. Tra questi ultimi il presidente Consorzio Brunello di Montalcino, Ezio Rivella , il quale
ammette: “Sì, la paura c'è. Prima di tutto è paura dei costi che ricadrebbero sui produttori. In ogni caso vogliamo essere cauti, se non si pronuncia San Michele All'Adige, noi del Brunello non ce la sentiamo di mettere in pratica un sistema ancora da verificare”. C'è da dire, a questo punto, che l'istituto trentino è anch'esso impegnato da molti anni nello studio del Dna, sebbene non abbia ancora prodotto risultati applicabili come quelli di Siena. Stella Grando, responsabile del Diagnostica genetica di San Michele, tiene a precisare: “Non esistono ancora
pubblicazioni ufficiali sullo studio di Siena e protocolli applicabili. Se il Ttb
americano ha prolungato l'investimento è proprio perché non si è ancora giunti ad una conclusione. I nostri risultati, finanziati dall'Ager (consorzio di 13 fondazioni bancarie che ha messo a disposizione dell'istituto tre milioni di euro, nd.r.) verranno fuori solo quando saremo in grado di analizzare il Dna in toto, non solo un parte”. Domanda: se i due istituti stanno studiando la stessa materia come mai non
condividono i loro risultati? “Il vero problema è condividere i finanziamenti – dice Stella Grando – ognuno si tiene stretti quelli che riesce a trovare, insieme alle proprie scoperte. A meno che non sia un ente nazionale pubblico a commissionare uno studio...”. E quale miglior ente nazionale pubblico del Mipaaf? Peccato che dal Ministero viene la seguente risposta:“Al momento non esiste una normativa né italiana, né europea che regolamenti l'analisi del vino attraverso il Dna – spiega
Michele Alessi responsabile del dipartimento vitivinicolo - Se lo studio di Siena darà i suoi frutti e il Ttb americano ne confermerà la validità, allora ne prenderemo atto”. Intanto ne “ha preso atto” il Consorzio della Vernaccia di San Gimignano (82
soci, 10milioni di bottiglie) che sta già sperimentando il metodo. I primi risultati sono positivi e presto ci sarà il riconoscimento ufficiale. Probabilmente sarà il primo Consorzio con la certificazione “Dna Traced”. Speriamo non sia l'ultimo.
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