Se il mondo dell’enologia punta forte sulla riscoperta dei vini da vitigni autoctoni in purezza, gli appassionati non sembrano essere così “integralisti” in questo senso. Almeno secondo il sondaggio della rivista Decanter, che ha chiesto ai lettori se i coltivatori facciano bene ad impiantare varietà diverse da quelle autoctone. Lo spunto viene dalla notizia di alcuni vigneron del sud della Francia, che hanno deciso di puntare sul Sangiovese, varietà tanto cara alla viticultura del Centro Italia. Gli inglesi sembrano avere le idee chiarissime su questa “globalizzazione” in vigna: quasi la metà di loro (il 48%) crede che una percentuale di vitigni internazionali sia del tutto accettabile, a patto che non vada ad influire sul carattere di un
terroir; il 38% di loro, invece, ritiene sì che non ci sia niente di meglio dei vitigni autoctoni, ma pensa che sia giusto che i vignaioli coltivino ciò che vogliono, mentre solo il 14% ritiene che il Sangiovese coltivato in qualsiasi Regione che non sia la Toscana sia un vero e proprio abominio. Insomma, una piccola percentuale di vitigni internazionali in un vigneto non può scalfire l’unicità di un territorio.
Un concetto questo che dovrà valere anche per il vino? A preoccuparsene dovranno essere sopratutto i piccoli vignaioli.
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