Maurizio Peroni

LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !

mercoledì 30 maggio 2012

VINI NEL MONDO 2012 - SPOLETO

I PODERI CAPECCI SAN SAVINO saranno presenti nei giorni 1-2-3 Giugno alla manifestazione VINI NEL MONDO di Spoleto. Più precisamente saremo ospiti di VITIS VINIFERA al TEATRO DELLE SEI ( sotto al Duomo )e Vi aspettiamo numerosi per degustare i nostri vini! Maggiori informazioni su http://www.vinoforum.net/

VINOFORUM 2012 ROMA

I PODERI CAPECCI SAN SAVINO saranno presente dall’1 al 16 Giugno alla manifestazione VINOFORUM di Roma. Più precisamente saremo presenti con i nostri vini dall’1 all’8 Giugno presso lo spazio espositivo della DALI’ RAPPRESENTANZE, mentre i vini Collemura Rosso Piceno 2011 e Tufilla 2011 saranno disponibili in degustazione per tutta la durata dell’evento presso lo spazio espositivo del CONSORZIO PICENOS. Vi aspettiamo numerosi ! Maggiori informazioni su http://www.vinoforum.net/

domenica 27 maggio 2012

DECANTER WORLD WINE AWARDS 2012

Sono anche quest'anno 31 le medaglie d’oro, con il Veneto che domina, seguito da Toscana, Sicilia e Friuli Venezia Giulia con 5, Lazio e Valle d’Aosta con 2, ed una a testa da Trentino, Marche ed Emilia Romagna: ecco l’Italia migliore secondo “Decanter World Wine Awards” 2012, con i riconoscimenti della celebre rivista inglese. Godiamoceli tutti: Cantina Colli del Soligo Solicum Cuvée Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Superiore Cantina Valpantena Torre del Falasco 2008 Amarone della Valpolicella Caparzo 2007 Brunello di Montalcino Casale del Giglio Aphrodisium 2011 Lazio Castello di Cacchiano 2008 Chianti Classico Castello di Rubbia Terrano 2008 Cavazza Cicogna Syrah 2009 Cavit Bottega Vinai Lagrein Dunkel 2009 Corte Rugolin Monte Danieli 2007 Amarone della Valpolicella Classico Fantinel Vigneti Sant’Helena Friulano 2010 Fazio Pietra Sacra 2006 Garofoli La Selezione Gioacchino Garofoli Classico Riserva 2006 Verdicchio dei Castelli di Jesi Gruppo Cevico Galassi Sangiovese 2011 Rubicone La Collina dei Ciliegi L’amarone 2008 Amarone della Valpolicella Les Crêtes 2008 Les Cretes Fumin 2008 Lis Neris Tal Lùc 2008 Masi Campolongo di Torbe 2006 Amarone della Valpolicella Classico Mastrojanni Vigna Loreto 2007 Brunello di Montalcino Musìta Syrah 2010 Nicosia Fondo Filara Nerello Mascalese 2009 Palazzo Maffei 2009 Amarone della Valpolicella Palazzo Maffei Conte di Valle 2006 Amarone della Valpolicella Perusini Ronchi di Gramogliano 2008 Colli Orientali del Friuli Pianadeicieli Nero d’Avola 2009 Principe Pallavicini Rubillo Cesanese 2011 Taler Media 2010 Valpolicella Superiore Ripasso Talosa Riserva 2007 Vino Nobile di Montepulciano Tenuta Ca’ Bolani Refosco 2010 Friuli Aquileia Tenuta di Sesta 2007 Brunello di Montalcino

EROS DI VINIO

“Il vino nella storia ha avuto una valenza culturale e sociale immensa, e l’Italia, protagonista già prima dell’Antica Roma, ha il dovere di valorizzarla, di scrivere tanti “romanzi storici” di cui il vino è protagonista”. A dirlo il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano da “Wine & Ruin”, il simposio di vino e storia del Norwegian Institute di Roma, in questi giorni nella capitale, focalizzato sull’importanza dell’Impero Romano per il valore del vino di oggi. Testimonianze dirette arrivano da diverse cantine: quella siciliana Planeta, oggi impegnata nel recupero del Mamertino, vino nel cuore di Giulio Cesare, a Capo Milazzo, a quella di Feudi di San Gregorio per un excursus storico della viticoltura in Campania, fino a quella di Giovanni Negri, autore di “Roma Caput Vini”, che ha raccontato come l’Impero Romano, con le sue conquiste, abbia avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della viticoltura in Europa. E poi tanti storici e archeologi che hanno raccontato usi e costumi, tra alimentazione, religione ed eros, del nattare di Bacco nell’Antica Roma. Un esempio emblematico è questo affresco ritrovato negli scavi di Pompei.

lunedì 21 maggio 2012

L'EVOLUZIONE DEL MERCATO RUSSO

Data la diminuzione delle barriere doganali in seguito all'adesione della Russia al Wto, si dovrebbe presupporre che l'import di vino italiano e non diventasse più semplice, ma in Russia le cose seguono sempre una logica diversa. Proviamo a spiegare: il 1° luglio prossimo è il termine stabilito dalla nuova legge che prevede l’obbligatorietà del rinnovo delle licenze di produzione degli alcoolici. Data la quantità di compliance burocratiche,si ritiene che la conseguenza sarà una drastica riduzione delle aziende del settore. Da notare che fra le clausole contenute nella legge, c'è la nuova definizione del concetto "vino". In particolare tutti i prodotti fabbricati con l'aggiunta di mosti concentrati (80% dei vini russi), non saranno più chiamati “vino”, ma “bevande vinose”. E fin qui cambia poco, ma questa categoria riguarda, fra gli altri, anche gli spumanti, semidolci o semisecchi, amatissimi dai russi.Mentre i distillatori russi sono occupati a riottenere queste licenze, in teoria dovrebbero aumentare le importazioni di vini, anche grazie alla “sparizione” delle barriere doganali dopo l'ingresso del Wto. E infatti si prevede che nei prossimi quattro anni il paese abbasserà gradualmente i dazi d'importazione sui vini dal 20 al 12,5%. Allora il vino importato costerà di meno? Non è detto: secondo gli esperti, l'abbassamento del dazio non comporterà la diminuzione dei prezzi dei vini di qualità, per almeno due motivi: 1) la percentuale del dazio nel prezzo non incide oltre il 2%. Il prezzo per il consumatore dipende molto di più dai ricarichi applicati alla vendita al dettaglio, che si stima intorno al 40-50%, mentre nei ristoranti arriva mediamente al 300%; 2)una legge federale approvata lo scorso novembre aumenterà l'imposta indiretta sui consumi degli alcolici, che per i vini “naturali” inciderà fino a 8 rubli/litro (circa 0,20 euro). Per i vini spumanti la stessa imposta raggiungera’ i 25 rubli/ litro (circa 0,64 euro)

lunedì 14 maggio 2012

WINE DISCOVERY

Il Canada scopre il vino italiano. E lo fa con un film dedicato all'enologia italiano diretto dal regista Jim Fitzpatrick. Si chiama Discover Italy ed è una produzione italo canadese promossa da Liquor Control Board of Ontario (LCBO, il monopolio della provincia dell’Ontario che da anni realizza documentari dedicati all’agroalimentare nel mondo), l'Istituto Grandi Marchi di Piero Antinori e Iem. Un tour enologico che sbarcherà presto in edicole, librerie e oltre 600 store del Canada in Dvd. Anzi in tre dvd di 25 minuti ciascuno per raccontare i vini del Nord, del Centro e del Sud Italia.“E' un esempio di networking per far crescere il sistema Paese sui mercati internazionali”,spiega Giancarlo Voglino, managing director di Iem. “Oltre agli accordi commerciali servono nuove azioni in grado di trasformare l’esclusività della storia italiana in strumenti di promozione del nostro vino”, gli fa eco Piero Antinori. La voce narrante è il direttore di ricerca e sviluppo LCBO, Michaele Fagan che incontra alcuni tra i maggiori produttori italiani. A partire dalla Sicilia dove tra mare, sole e templi greci fa capolino il Nero d’avola di Alberto Tasca d’Almerita e quello di Josè Rallo. In Campania è Piero Mastroberardino a fare gli onori di casa con Aglianico e Greco di Tufo; in Puglia, invece, tocca a Sebastiano De Corato (azienda Rivera) con Nero di Troia e Primitivo. Il secondo film racconta l’Italia centrale: dalle Marche del Verdicchio e del Rosso Conero presentati da Michele Bernetti (Umani Ronchi) all'Umbria del Sagrantino di Montefalco e del Rosso Torgiano proposti da Chiara Lungarotti.In Toscana protagonisti sono il Brunello di Montalcino (con visita alla famiglia Biondi Santi), il Chianti Classico, il Nobile di Montepulciano e i Supertuscan di Folonari e Antinori. Infine le “cartoline” del Nord Italia: dalle gondole veneziane alle boutique milanesi passando per i vigneti veneti di “mister Amarone”(Sandro Boscaini di Masi Agricola), Severino Barzan della Bottega del Vino e Antonio Motteran della Carpenè Malvolti.In Friuli è la volta dello Chardonnay di Michele Jermann, in Sudtirolo è Lageder a svelare i segreti di Pinot Grigio, Riesling e Gewürztraminer, mentre l’incontro con le bollicine di Franciacorta è affidato a Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco. In Piemonte si va alla scoperta di Barolo e tartufi insieme Cesare Benvenuto (Cantina Pio Cesare) e Michele Chiarlo. Ed è qui che si si conclude questo giro d'Italia per immagini o, per dirla con il conduttore Fagan, questo viaggio “emozionale e motivazionale per colmare la sete di conoscenza del consumatore canadese” che, nel 2011, ha bevuto vino italiano per 294milioni di euro. Ora mi domando: ma i produttori piceni e i loro rappresentanti dove stavano?

IL CONSUMO DI VINO IN ITALIA

Gaja, Antinori e Arnaldo Caprai le cantine più stimate dagli Italiani, che tra le migliori Regioni vinicole mettono il Piemonte (20%), la Toscana (16%) e il Veneto (10%), e giudicano come miglior vino italiano il Brunello di Montalcino, seguito da Barolo, Chianti, Nobile di Montepulciano, Verdicchio e Amarone. A dirlo una ricerca del prof. Gabriele Micozzi, docente di Marketing all’Università politecnica delle Marche, condotta su 1.466 persone di tutta Italia “over 18. Il consumatore tipo che, pur senza essere ad ogni costo appassionato, si informa ed è disposto a spendere per bere bene: se il 39,6% è disposto a pagare fino a 10 euro per una bottiglia, c’è anche un buon 45% disposto a spendere da 11 a 35 euro, l’8% da 36 a 50 euro, e infine il 5% oltre i 50. E che il vino sia un piccolo lusso che ci si può permettere anche in tempi di crisi lo confermano anche le indicazioni di quel 47,7% che sta riducendone i consumi: solo il 9% lo fa per motivi economici. Per il 40%, infatti, è un calo dovuto ad abitudini, mode e gusti che cambiano, per il 26% alla paura di perdere la patente, e per il 25% a causa di diete e stili alimentari. Ma quanto e quando bevono, gli italiani? Il 22% ogni giorno, il 40% 2-3 volte alla settimana, e il 21% solo una volta ogni sette giorni. Vino che si beve soprattutto a cena, nel 48% dei casi, anche se c’è un 36% di italiani che si concede un bicchiere sia a pranzo che alla sera, e un 16% che ne fa il protagonista dell’aperitivo. 1 italiano su 4 effettua l'acquisto del vino una volta alla settimana: il 48% lo compra al supermercato, il 24% in cantina, e solo il 5% in enoteca. E se 8 persone su 10 amano cambiare vino, i migliori criteri di scelta sono il rapporto qualità/prezzo, il territorio d’origine, le caratteristiche gustative e le storie legate ad un vino; seguono vitigno, brand, packaging, tipologia, premi e gradazione alcolica, alla quale, però, è attento il 51% dei bevitori.

domenica 6 maggio 2012

ULTIME NOVITA' DAL MERCATO CINESE

Solo cinque anni fa era al ventesimo posto tra i paesi importatori di vino. Oggi è nella lista dei primi cinque “big spender”. La Cina, emerge da un’analisi Ismea, ha speso per le importazioni di vino, nel 2011, oltre un miliardo di euro, piazzandosi dietro Usa, Regno Unito, Germania e Canada. Una domanda, quella di Pechino, che cresce a ritmi esponenziali, come si evince dall’incremento del 72% in valore nel 2011, e che in un solo anno ha fatto guadagnare alla Cina ben quattro posizioni nella classifica mondiale dei paesi importatori, portandola davanti a Giappone, Belgio, Svizzera e Paesi Bassi. A beneficiarne è stata soprattutto la Francia, che ha raggiunto lo scorso anno una quota di mercato in valore superiore al 50% dell’import vinicolo del Dragone, grazie a un export quasi raddoppiato, in termini monetari, rispetto al 2010. Dietro al paese d’Oltralpe si posizionano Australia e Cile, con quote del 15% e del 7,2%. Seguono Spagna e Italia rispettivamente al 6,9% e al 6,5%, i cui fatturati sono quasi raddoppiati, l’anno scorso, oltre la Grande Muraglia. A questi ritmi di crescita - spiega l’Ismea - la Cina, che ha espresso finora solo parte del suo potenziale interno, potrebbe in breve avvicinarsi ai due principali importatori di vino, rappresentati da Usa e Regno Unito. Paesi che nel 2011 hanno acquistato dall’estero prodotti vinicoli per quasi 3 miliardi e mezzo di euro ciascuno, su un valore globale delle importazioni di vini di 22,7 miliardi di euro (+10,9% rispetto al 2010).

I GIOVANI E I SOCIAL NETWORK

Un blog è uno strumento di comunicazione strategico per una campagna di sensibilizzazione al bere consapevole, uno spazio di confronto, di divulgazione e di condivisione dedicato ai temi connessi al rapporto tra le nuove generazioni e il vino e accanto ad esso l’uso dei social network. A supporto di ciò è nato “Vino e Giovani”, il progetto finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e realizzato da Enoteca Italiana, che parla ai ragazzi e non solo, affrontando le tematiche legate ad uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy. “Con il blog e con la pagina Facebook di “Vino e Giovani” abbiamo voluto rafforzare il contatto con il mondo giovanile ed essere “always on” nella rete per veicolare la nostra filosofia ai ragazzi, quella del bere sano e consapevole. – spiega Fabio Carlesi, direttore di Enoteca Italiana – Brevità, velocità e immediatezza del messaggio, diventano le peculiarità della comunicazione del vino. Oggi più che mai se si desidera far passare un’idea non si può prescindere dall’uso specifico dei blog e dei social network. Utilizzare gli strumenti più vicini ai ragazzi per aiutarli a riconoscere ciò che è buono, sano e di qualità è – continua Carlesi - la via maestra per rapportarsi con loro, per indirizzarli al bere consapevole e responsabile”.

PARLIAMO DI LIEVITI

I lieviti non sono solamente responsabili della fermentazione del mosto e della sua trasformazione in vino ma condizionano fortemente anche le sue qualità organolettiche.Durante la fermentazione, essi non si limitano unicamente a trasformare gli zuccheri del mosto in alcol etilico e altre sostanze (anidride carbonica, anidride solforosa ecc.) ma, come conseguenza della loro attività conferiscono al vino anche qualità organolettiche “secondarie”, tali da modificarne gli aspetti olfattivi e gustativi. Sembra però che l’impatto del lievito sul profilo sensoriale del vino è infatti molto forte e dominante subito dopo il termine della fermentazione e durante i primi anni di vita del vino, poi si attenua progressivamente col trascorrere del tempo.I lieviti si trovano naturalmente sulla superficie delle piante e nell’aria, trasportati dal vento e dagli insetti, pertanto le varie specie, anche se definite indigene o autoctone, sono in realtà in continuo cambiamento. Tuttavia in un vigneto si viene a creare un “ecosistema” nel quale saranno comunque presenti diversi tipi di lieviti, alcuni utili e positivi ai fini della fermentazione alcolica, altri meno importanti e marginali, se non addirittura dannosi.Con lo scopo di migliorare la qualità dei vini si è sentita quindi la necessità di elevare la qualità microbiologica del mosto, cioè di selezionare, di favorire la presenza di alcune specie di lieviti a scapito di altre. Si sono ottenute colture selezionate che ben presto hanno incontrato il favore dei produttori, sia per il migliore controllo sulla fermentazione che queste assicuravano, sia per le superiori qualità oragnolettiche che si potevano ottenere.Sono stati selezionati lieviti in grado di fermentare bene sia a basse che ad elevate temperature e/o in presenza di elevata gradazione alcolica, in grado di fermentare senza produrre schiume ecc., ma anche lieviti capaci di conferire determinati profumi e aromi, soprattutto di tipo floreale e di fruttato. L’impiego del lievito selezionato, producendo anche un risultato organolettico tipico e specifico, porta però all’inevitabile omologazione delle qualità sensoriali dei vini. In altre parole, un vino prodotto con lieviti selezionati è spesso facilmente riconoscibile poiché le sue caratteristiche aromatiche sono comuni a tutti i vini che li utilizzano, aromi e sapori omologati e replicabili ovunque. Diversi enologi sostengono che con l'uso dei lieviti selezionati sia possibile stabilire a priori le caratteristiche organolettiche del vino, alterando in questo modo l'influsso delle qualità tipiche del territorio. Ma perché non applicare tale tecnica ai lieviti autoctoni di ciascuna zona, almeno di quelle enologicamente più importanti? Sembra che a questo proposito sia in Italia (Montalcino) sia all’estero qualche passo in tale direzione sia già stato fatto. La selezione dei leviti autoctoni risulterebbe profondamente rispettosa dell’ambiente nel vero senso del termine, infatti un dato ambiente è unico e irripetibile anche in virtù dei microrganismi che in esso vivono. L'obiettivo dovrà essere quello che nei laboratori si diffonda anche la pratica di utilizzare le varie specie selezionate per ottenere un loro DNA ricombinante, cioè una nuova cellula che contenga i caratteri di un dato ceppo autoctono selezionato per alcune qualità e che contenga anche alcuni caratteri migliorativi di un altro ceppo autoctono. La selezione in laboratorio, fino a pochi anni fa, seguiva solamente criteri soprattutto fisiologici e morfologici. Oggi che si conoscono i 18 cromosomi del lievito (circa 6.000 geni) e si ha un’ottima padronanza delle biotecnologie e in particolare dei metodi di trasferimento di geni tra cellule, non sarebbe difficile applicare tali nuove tecniche anche su larga scala.