Il termine “mineralità” è molto usato da parte delle riviste specializzate, delle guide e anche da parte dei produttori. Questa tendenza è evidente nel mondo
anglosassone che associa questo carattere alla qualità, all’originalità e all'autenticità soprattutto per i vini bianchi di regioni settentrionali ( come il Riesling). Eppure non esistono pubblicazioni scientifiche dedicate a questo tema. La maggiore difficoltà nasce dal fatto che la mineralità è una sensazione multisensoriale e multimodale che combina olfatto, gusto e reazioni trigeminali. Si distingue una mineralità salina da una mineralità amara e viene descritta da note aromatiche di selce, pietra focaia, pietre secche, grafite,ostriche fresche, fumèe, cherosene,etc. Spesso è associata al terroir che per alcuni degustatori conferisce le note minerali. La ricerca rimane molto scettica su queste ipotesi fantasiose e attribuisce invece queste note sensoriali ad alcuni composti solforati, i "TIOLI" presenti in forma ridotta, legati al vitigno e alle condizioni di maturazione dell’uva. In effetti il benzenemetanetiolo conferisce una dimensione empireumatica al vino molto simile alla nota di pietra focaia. Una recente ricerca condotta su vini di Borgogna ha permesso di evidenziare una diversa percezione di mineralità da parte dei degustatori. Abbastanza comune sembra invece la sensazione sensoriale associata
ai composti solforati ed all’equilibrio acido.
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