Il vino italiano in questi giorni è protagonista a Mosca, con “Vinitaly Russia”. Evento arrivato in un buon momento dell’export tricolore nel Paese, che vede i produttori italiani al top tra i vini spumanti importati, e al n. 2 tra i vini imbottigliati, nonostante il blocco della pubblicità sugli alcolici e altre difficoltà, come la concentrazione del mercato nelle mani di pochi importatori e gli alti dazi doganali. Ma dalle opinioni raccolte tra i produttori presenti, c’è ottimismo per il nostro vino sotto il Cremlino che si riassume nella dichiarazione di Stevie Kim, managing director Vinitaly International:“La conoscenza del vino italiano in Russia é certamente minore rispetto agli Stati Uniti, ma, comunque, nettamente superiore alla Cina: il sentiment generale è che il vino italiano in Russia venga considerato la nuova tendenza dei consumatori, diciamo la moda del momento”
Maurizio Peroni
LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !
giovedì 28 novembre 2013
mercoledì 27 novembre 2013
GLI SCENARI IN TEMPO DI CRISI DICONO EXPORT
La crisi economica, esplosa nel 2007, in pochi anni ha cambiato molti degli scenari del mercato del vino mondiale. E ora che si iniziano ad intravedere piccoli segnali di ripresa, a livello globale, è il caso di fare il punto, ed in questo ci viene in aiuto la ricerca di Denis Pantini di Winemonitor-Nomisma, presentata nell’assemblea “settore vino” di Fedagri-Confcooperative, a Bevagna (Perugia). Dalla ricerca emerge, intanto, che dal 2007 al 2012, il consumo complessivo di vino è diminuito, del 4,7% a livello mondiale. Specie per il calo dei consumi interni dei principali Paesi produttori (Francia -5,9%, Italia -15,2%, Spagna -29%) e di alcuni mercati storici (Germania -3,8%, Regno Unito -8,5%), che la crescita di Paesi consumatori vecchi (Usa +4,1%) e nuovi (Cina +28%), non ha compensato del tutto. In questo scenario, l’Italia, ha visto ridursi la forbice tra vino consumato ed esportato, i cui livelli sono ormai praticamente alla pari: 22,6 contro 21,3 milioni di ettolitri (nel 2007 il rapporto era 26,2 a 18,6). Un calo interno sostanzioso, dunque, e che sembra accentuarsi visto il -7,2% in volume nella gdo, che oramai rappresenta il 65% delle vendite di vino in Italia. Fondamentale l’export, dunque, da cui, per fortuna, sembrano arrivare buone notizie: nei mercati più importanti, i valori del vino italiano esportato sono tutti in crescita nei primi 7 mesi del 2013 sul 2012: +6,3% in Usa, +6,4% in Germania, +4,8% in Uk, +10,3% in Cina e Svizzera, +41,7% in Russia, per citarne alcuni. Paesi in cui, per altro, il Belpaese guadagna ovunque quote di mercato (ad eccezione della Cina, dove se è vero che il business del vino italiano è cresciuto, nello stesso tempo sono arrivati nuovi competitor, soprattutto dal Nuovo Mondo, e dove la Francia, con il 49,8% del mercato, continua a farla nettamente da padrona). Una situazione positiva all’estero, dunque, grazie alle performance delle Regioni top, storiche ed emergenti, del vino italiano, che tra il 2007 e il 2012 hanno visto crescere i valori del vino esportato a doppia cifra: +15,4% Trentino Alto Adige, +17,9% Piemonte, +26,9% Toscana, +36,9% Abruzzo, +41,2% Lombardia, +47,3% Veneto, +50,8% Emilia Romagna, +99,5% Puglia (che, insieme, fanno il 92% dell’export di vino italiano). PECCATO CHE COME SEMPRE LE MARCHE RIMANGONO FUORI!
WORLD'S MOST POWERFULL FINE WINE BRANDS
Come ogni anno il LIV-EX “borsa” del vino più importante del mondo ed il web magazine britannico “The Drinks Business”, hanno messo in fila i 100 brand più forti nel mondo del vino, con l’edizione 2013 della “World’s Most
Powerful Fine Wine Brands”. Le novità maggiori sono proprio in cima, dove la riclassificazione fatta da St. Emilion lo scorso settembre ha visto Pavie ed Angelus, ai primi due posti, con Angelus che scala addirittura 21 posizioni. Il gradino più basso del podio è di Petrus, ma di sorprese, scorrendo le posizioni, ne è piena la classifica, come la presenza dell’australiana Penfolds alla posizione n. 10, che spezza il predominio francese nella top ten. Per l’Italia è una
classifica incoraggiante, perché se da un lato le delusioni di Masseto che passa dalla n. 12 alla n. 33, Ornellaia dalla 20 alla 37, Sassicaia dalla 14 alla 39 e Giacomo Conterno che perde 30 posizioni, ci sono le conferme de il Tignanello alla posizione n. 53 e, soprattutto, di ben due new entry, quella del piemontese Bruno Giacosa alla posizione n. 40 e quella della Le Macchiole, al n. 89, che portano a sette le presenze italiane in classifica.
COSA VOGLIONO I CONSUMATORI DI VINO CINESI
Quando si parla di CINA si pensa a quel grande mondo e all’enorme “middle class” che si sta formando all’ombra della
Grande Muraglia, in un Paese da 1,3 miliardi di abitanti. E ad indagare questa enorme platea, intervistando 913 cinesi tra i 18 e i 50 anni, dal reddito superiore alle 1.000 sterline al mese, ci ha pensato il professor Justin Cohen, dell’Ehrenberg-Bass Institute for Marketing Science. La bottiglia ideale sul mercato di massa cinese, oggi, è un
Cabernet Sauvignon, francese, meglio ancora se di Bordeaux, e che costi meno di 25 sterline a bottiglia. Il 97% dei cinesi, infatti, conoscono il vino di Francia, ancora di più di quello di Cina (84%), Italia (83%), ed Australia (77%). Tra le varietà, il Cabernet Sauvignon è di gran lunga la più conosciuta (83%). Tra le Regioni, la più nota è Bordeaux (87% del campione), seguita da Provenza (60%), Napa Valley e Barossa Valley. E sui prezzi, pochi dubbi: il 45% è disposto a spendere fino a 25 sterline per una bottiglia. Tra i produttori considerati più “trendy”, se la Francia domina, l’Italia è al secondo posto...
giovedì 7 novembre 2013
RUMORS DAL WINE VISION DI LONDRA
Quale sarà il futuro del mondo del vino, e quale direzione prenderà nei prossimi anni? È una di quelle domande che tutti si pongono e a cui è arduo dare una risposta. In molti ci provano e ci hanno provato, analizzando dati, tendenze, oppure sondando le aspettative dei protagonisti del panorama enoico internazionale, da cui dipendono le sorti e le reali strategie future. Ecco allora i rumors che esono dal Wine Vision di scena a Londra dal 18 al 20 novembre (www.winevision.com,) viste con gli occhi dei big del vino mondiale: prospettive decisamente positive, visto che il 75% dei leader e dei dirigenti dell’industria enoica, si dice fiducioso sull’economia mondiale ed il suo impatto sul settore. La ricerca di Wine Vision, però, racconta tanto altro su quelli che saranno i fattori chiave su cui puntare o scommettere nei prossimi anni, e sulle opportunità da cogliere. Partendo dal superamento di un mito, quello che vorrebbe lo spostamento dell’asse enoico mondiale verso i Paesi emergenti: in realtà, almeno secondo le prospettive tratteggiate dall’industria enoica mondiale, i mercati con il maggior potenziale in termini di crescita dei consumi sono Stati Uniti, Canada e Giappone, più attraenti di Cina, Brasile ed India. Un dato che, più o meno direttamente, si collega alla problematica che, indirettamente, danneggia di più il vino: le tasse e la burocrazia, particolarmente restrittiva proprio nei paesi “Bric” (Brasile, Russia, India e Cina). Un altro dato interessante riguarda il vino a basso contenuto alcolico, a cui la maggioranza degli opinion leader non dà grande fiducia, ritenendolo un trend incapace di diventare una vera categoria commerciale su cui puntare. Più complesso il rapporto con l’ambiente, perché da un lato la sostenibilità è tenuta in grandissima considerazione, indicata come priorità dal 73% degli intervistati, mentre dall’altro l’idea di puntare su un packaging “green” è stata presa in considerazione solo dal 48% dei produttori, mentre per gli altri non è certo una priorità.
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