Maurizio Peroni

LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !

sabato 8 marzo 2014

LE MIGLIORI CANTINE ITALIANE SUL WEB

Frescobaldi, Masi, Mezzacorona: ecco il podio delle cantine italiane top su internet, tra siti aziendali e attività sui social network, secondo un'indagine, su parametri quantitativi e qualitativi, di una società di consulenza strategica, che ha analizzato fino al novembre 2013 la presenza e le attività online delle prime 25 aziende vinicole italiane per fatturato. A seguire il terzetto, ci sono Santa Margherita, Antinori, Zonin, Cavit, Gruppo Campari, La-Vis,
Giordano Vini e Banfi. Dall'indagine si evidenzia il dinamismo e la capacità di cambiamento del settore, ma il processo di digitalizzazione è ancora in fase di consolidamento e, per ora, sembra essere più caratterizzato dalla quantità che dalla qualità, pur non mancando casi di eccellenza. Tra le curiosità, guardando al dettaglio dei social più utilizzati, Cavit  è quella più seguita su Facebook, con oltre 150.000 fans, Campari quella con più iscritti proprio canale YouTube, mentre su Twitter, con oltre 6.000 followers, primeggia Mezzacorona. Dalla ricerca emerge, però, come manchi ancora una strategia sull’ottimizzazione dei siti per essere meglio individuati dai motori di ricerca, e come l’e-commerce sia esplorato da un esiguo numero di aziende (solo 1 su 25, nel caso della classifica). L’analisi qualitativa focalizzata sulla frequenza di aggiornamento ha evidenziato, invece che solo il 64% delle aziende analizzate ha pubblicato un post sulla propria pagina Facebook nell’ultima settimana presa in considerazione; su Twitter, nel 99% dei casi l’ultimo tweet è invece avvenuto negli ultimi sette giorni. Infine, nel canale YouTube del 34% delle aziende vinicole l’ultimo video risale agli ultimi 6 mesi presi in esame.

sabato 1 marzo 2014

L'ETICHETTA BUGIARDINO

Se ne parla da tempo, ma a volte, prima delle decisioni politiche e delle leggi, arriva il mercato a segnare la strada: Sainsbury, la seconda catena di grande distribuzione più grande del Regno Unito, ha deciso di indicare le calorie nelle etichette dei vini che imbottiglia con il proprio marchio. 20 etichette che riporteranno, dunque, l’apporto calorico per un bicchiere da 125 ml, in una sperimentazione che durerà almeno due anni, fatta, spiegano da Sainsbury, per aiutare i consumatori a fare scelte più consapevoli per la loro salute . Infatti l’85% dei cittadini britannici, per un sondaggio, non sa quante calorie ci sono in un bicchiere di vino. Quindi come il bugiardino nei medicinali è in arrivo l'etichetta-bugiardino, come peraltro è presente su tutti i cibi in commercio.

sabato 1 febbraio 2014

MARCHI TOP DEL BEVERAGE MONDIALE


Se l'Italia del vino è, senza dubbio, una delle grandi potenze mondiali del settore, leader in tanti mercati strategici, dagli Usa alla Germania, con un valore dell’export pari a più di 5 miliardi di euro e seconda solo alla Francia, potrebbe suonare strano, dunque, che tra i primi 100 brand del beverage mondiale, dove dominano i whisky, ci sia solo un marchio enoico italiano, quello della “Martini Sparkling Wine” (del gruppo Bacardi-Martini), peraltro alla posizione n. 89. Oppure, è questa solo una logica conseguenza del tessuto produttivo del vino del Belpaese, fatto per la grandissima maggioranza di piccole e medie imprese, con produzioni spesso al di sotto del milione di bottiglie, e dove anche le realtà più grandi, a livello di volumi, raramente reggono il confronto con i colossi americani, francesi e non solo? È una delle chiavi di lettura possibili della “The Power 100”, la classifica dei brand del beverage più affermati nel mondo, realizzata da Intangible Business, studio inglese tra i più importanti nella “brand valutation”. Una classifica affidata alla valutazione (con voti da 1 a 10) di parametri come il market share, la crescita del brand negli ultimi 10 anni, il posizionamento di prezzo, il numero dei mercati in cui ha una presenza significativa, ma non solo, da parte di esperti del settore, dall’industria alla comunicazione. Nella “top 10” assoluta, a dire il vero, non c’è neanche un brand enoico: la lista recita, nell’ordine, Johnnie Walker, Smirnoff, Bacardi, Martini, Hennessy, Jack Daniel’s, Absolut, Captain Morgan, Chivas Regal e Ballantine’s. Per trovare il primo nome enologico si deve scorrere fino alla posizione n. 16, dove c’è Moët et Chandon, del colosso francese Lvmh. A scorrere la lista delle nazionalità, emerge come, a livello di singoli brand, la partita sia tra Usa, Francia e Australia. Ma, per la fortuna del Belpaese, e del suo tessuto produttivo, fatto di piccoli artigiani della vigna, c’è un marchio che, alla prova del mercato, ne batte molti: quello collettivo del made in Italy.

BILANCIO SULL'EXPORT 2013 DEI VINI ITALIANI


E' sempre l'estero l'ancora di salvezza del mercato del vino italiano? Qualcosa sta cambiando anche su questo fronte, tanto che le spedizioni del 2013 hanno fatto registrare un arretramento del 3% sullo stesso periodo del 2012, a quota 1,6 milioni di tonnellate, mentre in valore, hanno avuto una crescita dell’8,4%, a quota 4,1 miliardi di euro. Questo emerge dai dati Istat sul settore vitivinicolo dei primi 10 mesi del 2013, che confermano le  partire dagli Stati Uniti, primo sbocco per giro d’affari complessivo, dove le vendite hanno toccato i 907 milioni di euro (+7,9%). Fa bene anche la Germania, con un +8% in valore, ma la vera sorpresa è la Francia, primo consumatore mondiale e storico competitor dell’Italia enoica, dove la crescita è stata del 13%, mentre la Gran Bretagna è la conferma (+17,1%), a braccetto con Norvegia (+17,8%), Svezia (+15,7%) e Danimarca (+7,4%). Le note dolenti arrivano dalla Cina, che ha visto un crollo dei volumi (-33%), accompagnato da una leggera crescita in valore (+2,7%), e dal Canada, quinto mercato del vino italiano, che fa segnare una flessione decisamente meno preoccupante, -3,8% in volume e -0,5% in valore.

domenica 19 gennaio 2014

WINE & FOOD




I Paesi che bevono più litri di alcol puro pro-capite in un anno sono quelli dell’Est Europa, grandi consumatori di superalcolici. A dirlo è l’annuale Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che “incorona”, prima nazione fra tutte, la Moldova con 18,22 litri a testa. L’Italia si piazza, invece, al posto n. 37 con 10,68. A fare la differenza, come detto è il gran consumo di alcolici ad alta gradazione, ma se si guarda la graduatoria di consumo pro-capite annuo di alcol puro assunto dal vino la cosa cambia: primo di questa classifica è il Lussemburgo con 8,16 litri, seguito da Francia 8,14 e Portogallo 6,65.L' Italia è quarta con 6,38 litri. Se invece parliamo di food, anche quì le cose sono cambiate da 50 anni a questa parte. A riassumere questi mutamenti ci ha pensato l’autorevole “The Economist”, stilando una classifica su dati Fao, della disponibilità di calorie al giorno per abitante. In testa c’è l’Australia, con 3.800 calorie, a +19% sul 1959. In Italia il picco si è toccato nel 1999, con 3.709 calorie al giorno, scese a 3.627 nel 2009. Da notare, a livello “macro”, la diminuzione delle risorse alimentari nei Paesi dell’Est Europeo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e il boom della Cina, passata da 1.426 a 3.036 calorie .

PILLOLE DI STORIA: IL VINO PIU' ANTICO

Il vino da World Record per la sua longevità è il Commandaria; vino dolce da dessert di Cipro che avrebbe le sue origini addirittura nel 2000 a.C.. e che prende il proprio nome direttamente dalla sua zona di produzione, “Grande Commanderie”, dove, nel 1210, i cavalieri dell’Ordine di San Giovanni costruirono il castello Kolossi. Nel corso dei secoli successivi, le storie sul vino abbondano: secondo la leggenda, il re Riccardo Cuor di Leone d’Inghilterra fu così rapito dal Commandaria che al suo matrimonio lo avrebbe definito “il vino dei re e il re dei vini”. Altrettanto colpito dalla bevanda inebriante fu il re di Francia Filippo Augusto, che si dice l’abbia addirittura chiamato “l’Apostolo dei vini”. Scavi archeologici, condotti negli ultimi dieci anni, hanno portato alla luce prove che la storia del vino di Cipro risale non solo a centinaia, ma addirittura a migliaia di anni, e c’è chi pensa che Cipro possa essere stato il luogo delle prime vendemmie d’Europa, risalenti a 5.000 anni fa. Ma quello del vino più antico, non è il solo record che vanta il Commandaria: il vino cipriota possiede anche il primato per la più antica denominazione d’origine.

sabato 4 gennaio 2014

REPORT SUL MERCATO DEL VINO DEL 2013

E' terminato il 2013 e per questo è interessante fare un resoconto sul panorama vino italiano. Mediamente possiamo dire che c'è stato un incremento sul fatturato generale del 7% nell’ultimo trimestre 2013 (sullo stesso periodo del 2012). Un dato confortante che arriva dopo le ultime rilevazioni Istat sull’export del vino tricolore che fa registrare, a settembre, un +8% per i vini imbottigliati, molto interessante perché segna un incremento sulla crescita dei primi 9 mesi      dell’anno
(+5%). Ma le buone notizie arrivano anche dal mercato interno, dove si registra in media, una crescita del +4% sul 2012. Dati che fanno esprimere un “sentiment” positivo sull'attuale 2014. Tutto bene quindi? Non è proprio così e gli imprenditori del mondo del vino tricolore lo sanno bene. In Italia, che resta un mercato fondamentale, la situazione è ancora incerta e i segnali, benché positivi, sono ancora troppo timidi. I mercati esteri continuano a fare da traino, evidentemente, e le aziende campione, che dichiarano un incremento sul 2012, hanno, nel recente passato, concentrato i loro sforzi proprio nell’export, non solo in termini di promozione, ma anche spostando la percentuale delle loro vendite dal mercato interno a quello internazionale, vendendo le loro etichette oltre confine in percentuali che stanno tra il 60 e il 70%. Ma restano tante questioni aperte. Si va dalla poca propensione alle esportazioni di intere Regioni, al peso sempre più gravoso della burocrazia, fino alla endemica mancanza della cosiddetta “massa critica” del comparto e al problema dei tassi di cambio con Canada e Stati Uniti, quest’ultimo mercato di riferimento per il vino italiano. E a proposito di mercati internazionali sembra concretamente sfatato il mito orientale come soluzione a tutti i mali dei mercati
maturi del resto del mondo. Per i produttori le performance migliori sono arrivate proprio da questi Paesi: Usa in testa, ma anche Germania, Inghilterra, Giappone e Russia, forse l’unico Paese dei cosiddetti “Bric” a garantire, ad oggi, risultati interessanti.