Maurizio Peroni

LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !

domenica 31 ottobre 2010

PILLOLE DI SCIENZA: IL GLUTATIONE IN CAMPO ENOLOGICO


Torna lo spazio dedicato alla ricerca e all'innovazione in campo enologico. Lo facciamo sempre grazie al mio amico enologo Paolo Ulpiani, che questa volta ci parlerà del Glutatione.
Nel vino vi sono molti i composti fra i quali i tioli. Essi svolgono numerose attività. Fin dagli inizi degli anni 80’, e precisamente nel 1984, Singleton et al., resero nota l’importanza del glutatione nel mosto. Esso è in grado di ridurre le forme chinoniche formatesi dall’ossidazione enzimatica dei fenoli nel mosto (PPO). Il tripeptide, quindi, è in grado di prevenire la formazione di imbrunimenti nei mosti. Il processo chimico con cui il GSH interviene nei fenomeni di ossidazione dei composti fenolici, prevede la riduzione dei chinoni ad orto-fenoli 2-tiosostituiti e la riduzione del perossido d’idrogeno ad acqua e la conseguente formazione di disolfuri. Nel mosto-vino, il glutatione non è il solo protagonista, compaiono altri composti tiolici quali cisteina, tioli alifatici responsabili delle note aromatiche in molti vini, ed infine i mercaptani, responsabili di aromi maleodoranti e quindi da evitare la loro comparsa. Il GSH, è il più abbondante dei composti tiolici nel mosto, e la sua concentrazione aumenta in concomitanza della maturazione in funzione dei fattori pedoclimatici e non ultima della disponibilità in azotata. Le concentrazioni di glutatione, nelle cultivar, possono raggiungere o superare il 300 µM nella bacca (Blanchard et al., 2004). Il suo destino futuro è dipendente al tipo di processo enologico adottato per la produzione del prodotto vino. Nel mosto, la presenza di ossigeno e di solforosa, costituiscono i principali motivi della esigua quantità di GSH nel vino. Presenze, nel vino, di rilevanti quantità di GHS o di forme tio-cisteiniche prive di attività olfattiva, permettono la capacita dei suddetti composti di entrare in competizione con i fenomeni ossidativi. Concentrazioni di GSH di 20 µM sono efficaci a rallentare perdite di tioli aromatici nel mezzo vino, le cui loro concentrazioni sono 100 o addirittura 1000 volte inferiori al tripeptide. Il GSH è altresì in grado di ostacolare la formazione di composti ad aroma ossidato quali il sotolone ed il 2 ammino-acetofenone, durante l’affinamento del vino. L’esposizione all’aria, durante le fasi antecedenti all’imbottigliamento ed il medesimo processo, può provocare la comparsa di aroma di ossidato nel prodotto vino (Lavigne et al., 1996). È evidente che una considerevole presenza di GSH nel vino, in fase di affinamento, può favorire la longevità aromatica del prodotto. L’apporto di GSH non è dato esclusivamente dall’uva. Anche microrganismi, quali i lieviti enologici (Saccharomyces cerevisiae ed altri), sono in grado di sintetizzarlo e secernerlo nel mezzo. Il tripeptidi, in questi microrganismi, interviene per molteplici compiti: (i) risposta alla carenza di zolfo ed azoto; (ii) detossificazione dai metaboliti endogeni; (iii) protezione dallo stress ossidativo provocato dall’esposizione delle cellule alle specie reattive dell’ossigeno (perossido ed idroperossido); (iv) detossificazione da xenobiotici quali alogenati aromatici, agenti alchilanti ed arsenito; (v) resistenza agli stress provocati dai metalli pesanti quali sali di cadmio (Penninckx, 2002). Sono molti i metodi analitici per il monitoraggio e la quantificazione del GSH, sia nel mosto che nel vino. Essi sfruttano diversi approcci analitici ma che purtroppo non possono essere considerati routinari a causa della: (i) difficile preparazione del campione, (ii) poca stabilità del prodotto da quantificare, e non ultimo (iii) l’elevato costo dei mezzi utilizzati. La legislazione vitivinicola italiana non consente l’aggiunta di GSH. Per garantire salubrità al prodotto naturale quale vino, e per sfruttare le caratteristiche che questo antiossidante naturale possiede, si è ritenuto opportuno monitorarlo durante le fasi produttive, con il fine di individuare i processi che portano ad una sua diminuzione. Ciò è stato possibile grazie all’ausilio del metodo analitico messo a punto nel Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche (DISTAM), Sez. Tecnologie Alimentari dal Prof. Tirelli et al. 2009. Tale approccio analitico consta nella reazione tra p-Benzochinone ed il GSH contenuto nel mezzo da analizzare. Il risultante composto, S-glutationil-p-idrochinone, risulta rilevabile spettrofotometricamente ad una lunghezza d’onda di 303 nm. Infine, attraverso una retta di calibrazione, è possibile calcolare la concentrazione reale del GSH.

giovedì 28 ottobre 2010

LIBERALIZZAZIONE DEI VIGNETI

La liberalizzazione dei diritti di reimpianto dei vigneti, prevista dall’Ocm vino per il 2015, potrebbe avere effetti devastanti sul comparto vitivinicolo europeo. Tanto che i premier di Francia e Germania,Sarkozy e Merkel, hanno già detto il loro no. In Italia, le organizzazioni di categoria, chiedono lo stesso impegno alle massime istituzioni. La misura non costituisce di certo una forma di sostegno alle esigenze di un comparto, orientato squisitamente alla qualità come quello vitivinicolo, e che assegna all’Europa il ruolo di leader mondiale. Molte regioni viticole in Europa potrebbero essere improvvisamente investite da fenomeni di sovrapproduzione, caduta dei prezzi, perdite di lavoro. Verrebbero messi in discussione gli sforzi qualitativi dei produttori, senza considerare l’abbassamento del valore delle aziende, e il potenziale impatto sull’equilibrio paesaggistico dei territori. Dal 31 dicembre 2015, potremmo, insomma, trovarci di fronte ad abnormi zone di produzione. La superficie vitata del Chianti potrebbe passare da 17.000 a 35.000 ettari, quella della Rioja da 60.000 a 200.000. Nel Chianti Classico, uno dei terroir più famosi al mondo dell’enologia, solo per fare un altro esempio, ci potrebbero essere 7,5 milioni di bottiglie in più. Per ora è solo un nefasto scenario, che potrebbe diventare dura realtà senza correzioni adeguate. Le soluzioni di cui si discute sono due: una distinzione fra vino da tavola, i cui vigneti potranno essere liberalizzati, e quello a denominazione d’origine, che manterranno l’attuale sistema dei diritti d’impianto; una programmazione triennale concordata tra i protagonisti della filiera e le istituzioni in base alle richieste di mercato.

MERCATO O MERCATI AMERICANI?


Come si vende il vino negli States? Il tour internazionale di “Vinitaly in the World” ha portato i produttori italiani a visitare alcuni store enologici di New York e nel New Jersey,per capire quanto sia diverso e complesso il mercato rispetto a quello italiano. L’unico trend confermato da tutti è quello della fascia di prezzo: gli americani non hanno rinunciato a bere italiano,ma il target price, nella stragrande maggioranza dei casi è fissato tra i 10 e i 20 dollari a bottiglia. Ci sono esperienze come quella di Astor Wine, un mega store dove si trovano vini di tutto il mondo, in cui le bottiglie sono divise per regione di provenienza. Oppure quella del Total Wine & More, una catena di 69 negozi giganteschi disseminati per tutti gli States, dove si trovano bottiglie che vanno dai 3 ai 3.000 dollari: qui il criterio imperativo è la divisione per vitigno. Ancora diversa la Wine Library, diventata un fenomeno di successo grazie al web, che rappresenta uno dei canali di vendita più importanti per lo store, dove i vini sono divisi per regione e tipologia. È fondamentale, allora, individuare non solo l’importatore, ma anche il tipo di distribuzione: più che di mercato americano, conviene parlare di “mercati” americani.
Per cambiare totalmente “forma mentis” basta, infatti, spostarsi da New York, dove la concorrenza tra importatori e distributori è l’anima del business enologico, a Philadelphia, dove il mercato di vini e alcolici passa tutto per le mani del monopolio, governato dal Plcb, “Pennsylvania Liquor Control Board”, che gestisce 620 negozi in tutto lo stato della Pennsylvania, per un pubblico potenziale di 13 milioni di persone, molte delle quali con un elevato potere d’acquisto.

sabato 23 ottobre 2010

LA VENDEMMIA IN EUROPA


Vendemmia 2010: in Ue meno 4 milioni di ettolitri rispetto al 2009. Le cause ? Clima poco favorevole e mercato difficile e la vendemmia 2010 vedrà l’Unione Europea
produrre, nel complesso, 4 milioni di ettolitri in meno del 2009, con 2,5 milioni “persi” dalla sola Germania. L'annuncio è della Commissione Europea, che comunica anche la deroga, per questa campagna, all’attuale limite di zuccheraggio per alzare il grado alcolico voluta dai Paesi del Nord Europa, contro la quale, tra i 27 Stati Ue, ha votato “no” la sola Italia.

domenica 17 ottobre 2010

CIPREA 2009


Nella giornata odierna a Roma presso la Città del Gusto del Gambero Rosso, si svolgono le premiazioni e le degustazioni dei vini TRE BICCHIERI sulla nuova guida Vini d'Italia 2011 dove il CIPREA 2009 ha bissato il riconoscimento dello scorso anno.

I MIGLIORI VINI ITALIANI

Ecco l'elenco dei migliori vini italiani che mettono d’accordo Ais Bibenda,
Gambero Rosso, L’Espresso, Veronelli, e la nuova guida Slow Wine edita da Slow Food.
I “magnifici” otto vini sono stati valutati dalle guide sopra citate, per la loro qualità assoluta, anche se si resta in attesa di conoscere i vini premiati dall’“Annuario” 2011 di Luca Maroni.
Barolo Le Rocche del Falletto Riserva 2004 di Bruno Giacosa;
Barolo Monfortino Riserva 2002 di Giacomo Conterno;
Granato 2007 di Foradori;
Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2001 delle Cantine Ferrari;
Bolgheri Sassicaia 2007 della Tenuta San Guido;
Taurasi Riserva Radici 2004 di Mastroberardino;
Aglianico del Vulture Titolo 2008 di Elena Fucci;
Cepparello 2007 di Isole Olena.

domenica 10 ottobre 2010

PILLOLE DI STORIA: 10 OTTOBRE 1975 NASCE LA CRITICA GASTRONOMICA

Era venerdì del 10 ottobre 1975: al secondo piano di via Solferino 28, nella cronaca del “Corriere d’Informazione”,edizione del pomeriggio del “Corriere della Sera”, debuttavano le quattro pagine settimanali volute dal direttore Cesare Lanza, affidate
ad Edoardo Raspelli, fino ad allora cronista di nera, oggi uno dei critici più conosciuti e rispettati d’Italia. Fu il boom: 20.000 copie in più per le pagelle - scrive lo stesso critico in una nota - con i voti alla cucina ed al servizio. Qualche mese dopo, il 7 febbraio 1976, appariva in pagina, non solo la foto di Raspelli, ma un riquadrato con un “Faccino Nero” dove si metteva alla berlina il ristorante peggiore della settimana. Tra minacce, lettere e telefonate anonime, querele, corone da morto sotto casa, nasceva la critica gastronomica. Sì, perché fino ad allora c’era solo piaggeria: se qualche cosa andava storto nei ristoranti - ricorda Raspelli - tutti se lo tenevano per sè. Io, invece, anche se con molta paura, ho obbedito agli ordini di Lanza.

IL MERCATO CINESE 1

La Cina beve sempre più vino italiano: nel 2010 le bottiglie made in Italy che sono state vendute nel Sol Levante sono cresciute del 242%, insieme all’agroalimentare del Belpaese nel suo complesso, che ha visto il valore esportato crescere dell’86%. Così
Coldiretti su dati Istat, divulgati nella visita del primo ministro cinese in Italia, Wen Jiabao. Fondamentale, per un ulteriore sviluppo dell’agroalimentare italiano nel
gigante asiatico, il superamento di vincoli burocratici che spesso ostacola l’export, e che aiuterebbe l’Italia a riequilibrare la bilancia commerciale con la Cina.

VENDEMMIA 2010:PREZZI DELLE UVE

A vendemmia che volge ormai al termine, non pare essere del tutto scongiurato il problema dei prezzi bassi delle uve, che continuano a rimanere allineati a quelli del 2009, anche se con qualche eccezione e segnali di risveglio a causa di una vendemmia non particolarmente abbondante. In Valpolicella, per esempio, per il Consorzio di tutela i prezzi delle uve rimarranno costanti o in lieve aumento sul 2009, ma sembra un’eccezione nel panorama “del rosso” del Belpaese, perché da Nord a Sud lo scambio di uve a bacca rossa sembra ancora pigro, per non dire quasi inesistente. Nel Chianti Classico un quintale di uve atte a diventare Chianti Classico si aggira tra i 70 e i 75 euro al quintale, come nel 2009; quelle atte a diventare Chianti viaggiano sui 40 euro al quintale, qualcosa in meno del 2009. Le sporadiche e rare trattative per partite di uva atte a diventare Brunello di Montalcino viaggiano sui 150 euro al quintale. In linea con il 2009, così come in Piemonte per i Nebbiolo da Barolo (150-170 euro). In Sicilia, le uve internazionali (Merlot e Cabernet Sauvignon)stanno sui 35-40 euro come nel 2009, mentre il Nero d’Avola tra i 25 e i 30 euro al quintale. Un po’ più vivace il mercato per le uve bianche. E, se Prosecco e Moscato spuntano prezzi interessanti (intorno a 9 euro al chilo), costituendo l’eccezione più evidente, non è male la situazione per i bianchi più di moda come la Passerina, il Pecorino o il Vermentino. Una situazione non generalizzabile, però,visto che i bianchi autoctoni siciliani, per esempio, stanno sui 20 euro al quintale, in discesa sul 2009, e gli internazionali, Chardonnay, per esempio, tra i 35 e i 40 euro come l’anno passato.

domenica 3 ottobre 2010

PILLOLE DI SCIENZA: STABULAZIONE LIQUIDA A FREDDO


Finalmente da oggi, posso dire di aver reso più completo il mio blog, che oltre a trattare di attualità, curiosità sul vino, aveva una rubrica di PILLOLE DI STORIA, ed ora anche quella di PILLOLE DI SCIENZA. Con l'aiuto di un amico enologo, molto attento nella ricerca e sulle innovazioni tecnologiche in campo enologico, potrò rendervi partecipe della scoperta di nuove tecniche in questo campo. In questo post infatti, l'enologo PAOLO ULPIANI, esporrà l'argomento:"Estrazione della componente aromatica con la stabulazione liquida a freddo".

La stabulazione liquida a freddo è una tecnica innovativa che riguarda la gestione del mosto durante la fase prefermentativa. In base alle attuali conoscenze nei confronti della localizzazione dei precursori aromatici nel vitigno Sauvignon blanc (buccia e polpa), tale tecnica ci permette di incrementare il loro contenuto nel mosto e consecutivamente nel vino.Non deve essere vista come sostitutiva alla macerazione pellicolare a freddo, ma come integrazione del processo aromatico di estrazione della frazione aromatica delle uve, incrementando così i precursori aromatici del mosto prima della fermentazione. Tale tecnica consiste nel mantenimento del mosto (dopo la pressatura) per un tempo variabile dalle 48 alle 96 ore, a contatto sulle fecce vegetali rappresentate da frazioni di polpa dell’acino. Il contatto fra solidi e liquido avviene a temperatura inferiore agli 8°C. Durante la stabulazione si devono effettuare rimescolamenti o agitazioni senza ossigenare la massa (insufflazione di N, CO2) garantendo la sospensione delle fecce. Il concetto è che le fecce nel mosto sono costituite prevalentemente da residui di polpa e buccia. Si incrementa il contenuto di precursori aromatici presenti nelle cellule della polpa (maggiore per alcuni precursori dei tioli volatili) e una limitata quantità di polifenoli (catechine) derivanti esclusivamente dalla buccia. Affiancando tale tecnica con la macerazione pellicolare delle uve, può incrementare il profilo aromatico varietale, mentre sostituendosi alla stessa permette di ridurre i rischi di ossidazione dei precursori aromatici dovuti all’azione delle catechine presenti nelle bucce, le quali sono in parte anche responsabili della riduzione di GSH (glutatione) naturalmente presente nell’uva.
En. Paolo Ulpiani

BUONITALIA

Lo sapevate che esisteva una società, Buonitalia, per la promozione dell’agroalimentare controllata dal Ministero? Io no, anche perchè penso non abbia lavorato molto bene, come tutte le società statali. Era infatti uno dei primi obiettivi del Ministro per le Politiche Agricole, Giancarlo Galan: chiudere Buonitalia, voluta dal suo predecessore Luca Zaia. Ora, invece, si cambia pagina: dopo le dimissioni di Brunello, la direzione, con molta probabilità, stando ai rumors, sarà affidata a Rodrigo Cipriani, ad di Media Shopping, la rete dedicata
alle televendite del gruppo Mediaset. E sia dunque: visto che la filiera agroalimentare invoca da tempo un punto di coordinamento della promozione, e che chiudere Buonitalia con una legge, necessaria come quella con cui è stata creata, richiederebbe tempi e trafile burocratiche che, vista la situazione economica, il comparto non può concedersi il lusso di aspettare, è forse logico auspicare che la società del Ministero trovi un nuovo slancio e nuove professionalità per far fronte ai compiti per cui è nata. È quello che, sentendo alcuni protagonisti, si aspetta tutta la filiera, anche perché con i consumi interni che, dalla pasta al vino, dai formaggi ai salumi (e soprattutto nelle fasce di prodotto più eccellenti)continuano a diminuire o a stagnare, l’export è una via obbligata per le imprese italiane. Per il nettare di Bacco le risorse da spendere, soprattutto quelle dell’Ocm vino per la promozione ci sono, i partner di comprovata efficacia ed esperienza, come VeronaFiere con Vinitaly, o l’Istituto per il Commercio con l’Estero (Ice), anche. Se Buonitalia ritroverà spirito, idee e professionalità a servizio delle imprese, metterà in campo iniziative concrete, magari anche dopo essere rifinanziata come vorrebbero alcuni,
e si assumerà quelle responsabilità e quel ruolo di coordinamento della promozione dei nostri sapori che in tanti si aspettano, il sistema agroalimentare del Paese non potrà che esserne contento.