Maurizio Peroni

LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !

domenica 28 novembre 2010

PILLOLE DI STORIA: I 3000 ANNI DELLA VITE


L'enologia italiana ha quasi 3000 anni! E' proprio così! La coltivazione della vite infatti, si diffonde in Italia nel secondo millennio avanti Cristo grazie ai contatti con popoli cretesi, fenici e greci. Ma è con la civiltà romana che la produzione del vino diventa una vera e propria arte. Tanto che i romani assegnano a uno delle loro divinità, il dio Bacco, la funzione di protettore della vite. Baccanali vengono chiamate le feste in onore di Bacco, che raggiungono un tale livello di dissolutezza da essere soppresse con decreto nel 186 avanti Cristo. L'uva viene pigiata con i piedi nel "calcatorium" oppure torchiata nel "turcularium", il mosto così ottenuto viene versato nei "dolia", grandi anfore di terracotta dove fermenta dando origine al vino. Una delle prime classificazioni dei vini la troviamo all'interno del trattato romano "Naturalis Historia", dove Plinio il Vecchio distingue tra circa ottanta vini di alta qualità , destinati alla nobiltà, ed un centinaio di vini di media e bassa qualità destinati per lo più alla plebe. Nei banchetti romani la mescita delle bevande segue un rituale preciso ed il vino viene servito con l'aggiunta di acqua, a volte di mare, ed aromatizzato con miele e spezie dal cosiddetto "arbiter", identificabile con la figura del moderno sommelier! E' all'epoca dei romani che l'Italia è universalmente conosciuta come "Enotria", la terra del vino. Sono i romani, con l'espandersi del proprio impero, ad introdurre la coltivazione della vite in Francia, paese dove in tempi più recenti il vino diventa fattore di orgoglio nazionale. Con la caduta dell'impero romano inizia un epoca buia non soltanto per il genere umano ma anche per l'arte del vino, il medioevo, che porta carestie, pestilenze e distruzioni. E' soltanto grazie alla Chiesa cristiana che la vite non torna allo stato selvatico: infatti l'esigenza di utilizzare il vino durante la messa mantiene in vita la produzione dello stesso. Con il passaggio al nuovo millennio e l'avvento delle Repubbliche Marinare Italiane rifioriscono i commerci e tra i beni scambiati il vino occupa nuovamente una posizione di rilievo. Tra il 1500 ed il 1700 assumono notorietà vini particolari, come l'Albana in Romagna, i vini di Montalcino e San Gimignano in Toscana, l'Aleatico nel Lazio, l'Ellenico in Campania, il Mamertino in Sicilia, alcuni dei quali mantengono inalterata la fama fino ai giorni nostri. E' del 1716 il primo decreto che definisce le regole per la produzione di un vino: quello emesso da Cosimo III de' Medici per il Chianti in Toscana. Bisogna attendere la fine del secolo per i primi esempi di produzione industrializzata: uno dei primi ad utilizzare tecniche moderne di produzione è l'inglese John Woodhouse con il vino Marsala in Sicilia. Purtroppo è anche questo il periodo in cui si diffonde una malattia della vite proveniente dall'America che cambierà drasticamente il volto della viticoltura italiana e di altri paesi: la fillossera. Questo flagello in pochi anni distrugge completamente i vigneti autoctoni italiani che devono essere reimpiantati innestandoli su portainnesti americani. Dopo i reimpianti la produzione vinicola italiana si concentra soprattutto sulla quantità trascurando in parte la qualità. E' soltanto dopo la seconda guerra mondiale con l'avvento delle leggi sulla Denominazione di Origine Controllata (D.O.C. e D.O.C.G.) che la viticoltura italiana torna a rifiorire concentrandosi su una produzione di qualità che dà origine a vini apprezzati dagli appassionati ed esperti di tutto il mondo. Nascono in questo periodo piccoli produttori che dedicano una attenzione quasi maniacale al territorio, alla qualità ed alle tecniche tradizionali di produzione. Oggigiorno il panorama enologico italiano è costellato da centinaia di produttori che riescono a dare alla luce vini di assoluta eccellenza, ma la cui fama spesso non valica i confini della regione dove hanno origine.

VINO ANALLERGICO



Arriva da ricercatori italiani il vino anti-allergia: aiuterà ad incrementare il consumo di vino, attualmente in calo causa chi potrebbe bere ma non vuole (gli astemi)o chi vorrebbe ma non può (gli autisti, per esempio). Allora gli allergici al vino,quelli a cui assaggiare il “nettare degli dei” è precluso non da leggi o scelte, ma da un problema di salute, saranno accontentati. Si parla di 500 milioni di persone
nel mondo, vale a dire quasi 10 “Italie” di consumatori potenziali. Per il 15% di loro, si sa che la causa di improvviso rossore del viso o conseguenze anche più gravi con un semplice sorso di vino, sono i solfiti, ma spesso non si conosce quale sia l’allergene esatto da evitare. Un colpevole, secondo una pubblicazione sul “Journal of Proteome Research”, sembra essere una glicoproteina, un tipo di proteina ricoperto di zucchero che si sviluppa nella fermentazione dell’uva. Ma ecco che arriva la speranza di poter brindare senza pensieri, in futuro: un team di ricercatori guidati dal biologo molecolare Giuseppe Palmisano, analizzando uno chardonnay italiano, ha trovato 28 tipi di glicoproteine simili, nella struttura, ad allergeni noti, come l’ambrosia e il lattice. Una scoperta che potrebbe portare ad un vino ipoallergenico sicuro per le persone allergiche al nettare di Bacco .

domenica 21 novembre 2010

IL FUTURO DELLE AZIENDE ITALIANE:L'EXPORT

Lo sappiamo bene, il consumo di vino in Italia è calato del 30% dagli anni ’80, come conferma l’Ismea con gli ultimi dati: nel 2010 siamo scesi sotto la soglia dei 20 milioni di ettolitri, con un consumo pro-capite sceso a meno di 40 litri all’anno. Numeri che, a sé stanti, farebbero gridare alla crisi. Ma ogni crisi nasconde un’opportunità, ed è ai mercati esteri che deve guardare la produzione enologica italiana. Perché all’estero il trend si inverte, e, rispetto a 20 anni fa, i consumi di vino registrano crescite quasi ovunque: dalla Cina al Regno Unito, dalla Russia agli Usa. Eccola, allora,l’opportunità: “esportare fuori dai confini nazionali il vino made in Italy sembrerebbe più che un’opportunità, un obbligo”. Questa idea molte volte si contappone all'idea che "le esportazioni servono solo a smaltire le
eccedenze del mercato interno". Il mercato vuole i vini, e allo stesso modo i vini “vogliono” il mercato. Se questo non si identifica più con la bottega all’angolo, non c’è storia: devono essere venduti là dove il mercato ha maggiore capacità di attrazione. Lo si comincia a capire, in Italia, se è vero come è vero che i dati sulle esportazioni di vino nei primi 7 mesi del 2010 mostrano una ripresa delle vendite oltre frontiera, con una crescita del 7,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sembrerebbe che attualmente a trainare questo nuovo concetto di mercato siano Campania,Basilicata e Puglia.

BEAUJOLAIS



Quando si parla si Sol Levante non c'è mai da stupirsi! Credevo di averle viste tutte ma ..... In Giappone anche il Beaujolais subisce i colpi della deflazione. Feste sotto tono e vino imbottigliato addirittura nel PET. Il Beaujolais, considerato
un prodotto luxury, da quest’anno è stato declassato.Sarà, infatti, venduto a prezzi
“stracciati” e in bottiglie di plastica. Non si troverà più solo nelle enoteche ma anche in supermercati e discount.Non è un buon segnale per i produttori italiani e sopratutto questa foto? sarà un ricordo ormai passato.

sabato 20 novembre 2010

WINE SPECTATOR


Sui Top 100 The Most Exciting Wines of 2010 il verdetto di Wine Specator conferma la tendenza degli ultimi anni. Pochi o pochissimi vini italiani sono degni di essere sul podio della rivista di settore più autorevole del mondo.

Questa l'intervista a Tom Matthews, excutive director della prestigiosa rivista americana. L’anno scorso gli italiani nella Top 10 erano quattro, quest’anno solamente uno. Perché? La composizione della Top 10 cambia ogni anno, per la semplice
ragione che la qualità del vino prodotto varia ogni anno. Non ci sono formule o regole prestabilite. Noi di Wine Specator valutiamo in base a quello che ci emoziona quando beviamo un vino. Per noi vale il concetto di vino “exciting”. Quanti vini italiani avete degustato quest’anno? Abbiamo esaminato circa 2mila vini italiani. Un numero inferiore rispetto agli anni precedenti.Da quando James Suckling (capo dell’ufficio europeo) ci ha lasciati, ci sono voluti molti mesi per riorganizzare
le degustazioni nei nostri uffici di New York. Abbiamo intenzione, in ogni caso, di
allargare il campione l’anno prossimo. Cinque californiani tra i primi dieci al mondo. Come mai? Non starete difendendo un po’ troppo gli interessi dei vostri “terroir”? Wine Spectator non ha un “territorio”. Noi“difendiamo” i vini di tutto il mondo. O meglio: tutti i vini di qualità, carattere e valore. Ne è sicuro? Parlano i numeri: quest’anno ci sono 5 americani e un solo italiano, ma l’anno scorso il rapporto era 4 a 3, nel 2008 era alla pari (1 a 1) e così nel 2007 e nel 2006 (2 a 2).Oltre a Piemonte e Toscana, secondo lei, quali sono le aree vinicole italiane in ascesa? Tutte le regioni italiane sono in ascesa. Ci sono vini estremamente “exciting” in Alto Adige ma anche in Puglia e in Sicilia. L’industria del vino
italiano è molto dinamica, non vedo l’ora che completi il suo processo di crescita e
di sviluppo.

mercoledì 17 novembre 2010

BORSA DEL VINO


I prezzi del vino rilevati la settimana scorsa da Ismea (prezzi a
ettogrado) a confronto con i prezzi della stessa settimana nel 2009.

VINO KOSHU



Bianco chiarissimo, leggero (circa 10 gradi) poco acido, fresco, dal sapore fruttato con sentori di agrumi e pesca. Venduto nei migliori ristoranti di New York a 20 dollari. Si chiama Koshu ed è il vino giapponese che i produttori del Sol Levante, ora riuniti in consorzio, si sono messi in mente di lanciare sui mercati internazionali. Un nuovo concorrente anche per i vini italiani. Secondo un trader di Tokio, Ernest Singer, il Koshu non è ancora in grado di fare concorrenza a nessuno anche se i viticoltori ora cominciano a migliorarne la qualità: per esempio invecchiandolo in botti di rovere. L’uva Koshu è il vitigno autoctono più importante del Giappone, sviluppatosi da uve che viaggiavano un migliaio di anni fa lungo la Via della Seta dal Caucaso, alla Cina, al Giappone. Nella Prefettura di Yamanashi, dominata dalla mole imponente del Fujiama, il vitigno ha trovato le condizioni ideali per la sua proliferazione: forti escursioni climatiche, lunghi giorni di sole estivo e ben drenate terre vulcaniche.

I FORUM SUL VINO DEI MPS

All’indomani del 1° Forum del Vino del MontePaschi ecco le dichiarazioni del presidente Giuseppe Mussari. Presidente Mussari, cosa chiede ai produttori ? Di mettersi assieme, di ottimizzare i costi dell’internazionalizzazione altrimenti insostenibili. La dimensione unitaria è troppo piccola e finora l’attenzione è spesso solo sul prodotto e poco sul marketing.Ma le imprese hanno dimostrato duttilità?
I produttori di vino assai più di altri settori sono allenati al confronto internazionale.Non da oggi tengono conto della concorrenza francese e più recentemente cilena e di altri paesi. Se la produzione è stabile e i consumi interni
sono diminuiti, vuol dire che hanno esportato. Perchè la partita si gioca all’estero.
La frontiera della crescita sta nella domanda dei Paesi in via di sviluppo. Da ciò la
necessità, per i produttori italiani, di puntare ancor più sulla capacità di internazionalizzazione, adottando anche misure di rafforzamento dimensionale e patrimoniale. E per il mercato interno? Va trovato un modo per incrementare il consumo di vino nei ristoranti. In questo momento molte cantine di ristoranti sono
piene, capitali immobilizzati in bottiglie, ristoratori indebitati, impossibilitati a far ruotare l’offerta e aggiornare le carte dei vini, con ricarichi eccessivi per
i clienti. Una soluzione va trovata. Quale? Per esempio, introducendo anche nell’horeca il contratto estimatorio e il sistema della resa. Magari non proprio come
per le edicole dove tutto ciò che non si vende si restituisce. Si può trovare una sistema misto per condividere il rischio delle rimanenze. Ridotto il costo dell’invenduto, i ristoratori rinnoveranno le carte.

SITUAZIONE VENDITA VINO SUPERMERCATI


Questa è la situazione delle vendite nei supermercati a seconda delle fasce di prezzo nel periodo di riferimento degli anni 2009-2010

lunedì 15 novembre 2010

LE PROSPETTIVE FUTURE DEL MERCATO CINESE

Un mercato in cui emergere, più che un mercato emergente. È la Cina, vista con quella “lente di ingrandimento” che è il “Vinitaly in The World” di Hong Kong, nell’“International Wine & Spirits Fair” del Paese asiatico. Un Paese dove il vino non è un’abitudine alimentare, tanto che il consumo pro-capite all’anno (dati 2009) è di 0,7 litri, ma che, secondo gli operatori, potrebbe arrivare a 5 litri in 2-3 anni. E dove il vino italiano è quasi sconosciuto. Le stime parlano di un mercato fatto al 90% di vini nazionali, con i grandi gruppi che non comprano più vini dall’estero, ma direttamente vigneti e cantine.E dove la fascia di prezzo media si colloca tra i 3 e i 4 dollari allo scaffale, e a 1 dollaro in cantina. È chiaro, allora, che non sono i distributori ad aver bisogno di cercare i produttori, ma sono i produttori a dover cercare loro. Fondamentale, in questo senso, il ruolo delle fiere asiatiche, che sono l’unica possibilità di contatto con operatori abituati a trattare direttamente i prodotti, e non ordinandoli da “catalogo”. Nella percezione cinese, poi, territorio, blasone e vitigno vengono dopo prezzo e immagine del prodotto, nel senso del design della bottiglia. Infine, i cinesi cercano la “pazienza” (ovvero la disponibilità a incassare dopo che il distributore ha venduto il vino sul mercato cinese), la fiducia, la divisione dei costi di promozione, azione fondamentale in un mercato che, nelle maggiori città, è già ampiamente concorrenziale, e che vede le maggiori possibilità di sviluppo nelle città di “secondo livello”. Un quadro difficile, che richiede un cambiamento di mentalità profondo per chi vuole sfondare in questi mercati, ma una sfida che, se vinta, promette grandi soddisfazioni, al punto che i margini di crescita per il vino italiano, nei prossimi 10 anni, sono superiori al 100%.

mercoledì 10 novembre 2010

HONG KONG INTERNATIONAL WINE & SPIRIT FAIR



E' appena terminata ad Hong Kong la HKTDC WINE FAIR dove l’Italia diventerà “partner country” della Fiera nella prossima edizione del 2011. Un bel risultato, quello ottenuto dal “Vinitaly in the World” all’“International Wine & Spirit Fair” di
Hong Kong: l’Italia sarà il “partner country” ufficiale 2011 della Fiera asiatica. Un passo importante, che può aprire una strada ai vini italiani in Cina, dove le etichette del Bel Paese sono ancora semi-sconosciute. Ma dove, come dice Fred Lam, direttore esecutivo dell’Hong Kong Trade Development Council, “la gente ama scoprire cose nuove sul wine & food made in Italy”. Ho partecipato anch'io in rappresentanza dei PODERI CAPECCI SAN SAVINO ed effettivamente ho appurato molto movimento ed interesse verso le aziende italiane presenti appunto tramite “Vinitaly in the World”, che non ha mancato di lanciare e promuovere durante i 3 giorni della fiera, iniziative finalizzate alla propedeutica della degustazione e alla scoperta della cucina italiana con la presenza di numerosi chef. Quello che non passa inosservato però,è la molta confusione e mancanza di cultura del vino, non solo da parte dei consumatori ma anche dei buyers stessi. Categoria questa con un'età media veramente bassa, che lascia comunque ben sperare per uno sviluppo futuro del comparto vino e food.Seminare oggi per raccogliere domani........

lunedì 8 novembre 2010

LO ZUCCHERAGGIO


Zuccherare o non zuccherare,vecchio dilemma e vecchie polemiche tra i professionisti del vino. Com’è noto, la pratica, che consente l’aumento del grado alcolico, è vietata in Italia,mentre è consentita in diversi Paesi Ue. Nei giorni scorsi, Bruxelles (unico voto contrario quello dell’Italia)ha dato il via libera all’ulteriore arricchimento del vino della campagna 2010, per undici Paesi nord
europei. “Non facciamo i talebani del no allo zuccheraggio”,dice il presidente della Commissione agricoltura del Parlamento Europeo,Paolo De Castro.“Non possiamo metterci di traverso, anche perché la pratica dello zuccheraggio non è negativa in assoluto. Molti enologi francesi non la considerano uno scandalo”.
Al posto del saccarosio, in Italia oggi si utilizzano i mosti concentrati e rettificati (zucchero d’uva), e le aziende che li producono godono di aiuti comunitari che dal 2014 saranno cancellati. Lo zuccheraggio non va demonizzato. La pratica non intacca la qualità del vino e non va considerata una sofisticazione del prodotto. Ovviamente saranno le aziende agricole del Mezzogiorno che producono mosti concentrati e rettificati (mcr) quelle più colpite dal taglio degli aiuti.Non è più tempo di drogare il settore con formule di assistenza che penalizzano il vero sviluppo.Intanto la Conferenza delle Regioni ha approvato un documento unitario in cui si chiede all’Ue di creare un apposito Fondo anticrisi destinato alle aziende
agricole.

PILLOLE DI STORIA: LE ORIGINI DEL VINO DALL'ANTICA GRECIA


Furono i Greci a portare la coltivazione della vite nella nostra penisola. La viticoltura in Italia appare infatti verso il 730-720 a.C. nelle colonie della Magna Grecia: nel bacino dell'Egeo non c'era più alcuna terra libera e parecchi Greci migrarono verso le coste del Mar Nero fino alla Crimea, ma anche verso la Sicilia e l'Italia meridionale, che erano scarsamente popolate. E' da lì che la coltivazione della vite si estenderà all'Italia centrale. Mentre pare proprio che fu un etrusco ad esportare la viticoltura per primo nell'antica Gallia e quindi in Francia.Nell'Italia settentrionale i tralci delle viti, a differenza della tradizione greca, erano però sorretti da alberi e non da "sostegni morti": tipici inoltre per la potature lunga. Fino all'VII secolo a.C. vino ed olio deposti nelle principesche tombe del Lazio e dell'Etruria, provenivano da zone di oltremare: dall'Attica, dall'Eubea, da Corinto e dalla Fenicia. Nel 650 a.C., con la produzione di anfore etrusche da trasporto, vino ed olio divengono invece beni di largo consumo e di commercio. Romolo nel periodo dei re (con Roma che era di fatto colonia dell'etrusca Veio ed etruschi erano i suoi monarchi) dà esempio di moderazione rifiutandosi, durante una cerimonia, di bere più di una coppa di vino: significa che quel bene era ancora scarso e prezioso. E così era anche ai tempi della civiltà micenea in Grecia: il vino veniva considerato un bene di lusso e in alcune tavolette compare per lo più tra gli elenchi di offerte alla divinità o tra i donativi di scambi diplomatici. Numa Pompilio, re di Roma, vieterà invece alle donne di bere durante le libagioni funebri. E' il segno che il nettare di Bacco era già prodotto in maggiore quantità e berlo era oramai un uso diffuso anche tra le donne. Nel V secolo arriverà poi la prima legge sul vino, con il divieto di lasciare le viti "non tagliate" (non potate) e disposizioni ancora più aspre per le donne.