Navigando sul web mi sono imbattuto in questo articolo fatto con i dati forniti da Assocamerestero, e nel quale mi sono pienamente ritrovato per aver già assaporato tale esperienza sulle mie spalle e su quelle dell'Azienda per cui lavoro. Vi rimetto l'articolo: "Grandi opportunita' per il vino italiano in Asia e Sud Africa. Un'indagine realizzata dalle Camere di Commercio Italiane all'Estero, individua grandi aree di mercato per le produzioni italiane, ma a pesare fortemente, sono la mancanza di un "brand Italia" riconoscibile e di campagne promozionali market oriented.Questa vasta area del mondo costituisce difatti un mercato ancora poco avvezzo al consumo di vino, ma dalla grandi potenzialità per le imprese produttrici italiane: nel biennio 2007/2008, il valore del nostro export è cresciuto di 5 milioni di euro, mostrando una flessione tendenziale solo nei primi 8 mesi del 2009 pari al 7%, comprensibile alla luce della pesante congiuntura economica, e che peraltro è inferiore a quella francese, pari al 16%. I vini italiani sembrano tuttavia trovare maggiore difficoltà rispetto ad altri di affermarsi su questi mercati, colpa di una strategia di penetrazione commerciale poco strutturata e sistemica, spesso definita pionieristica e, ancora, di semplice familiarizzazione.
L’Italia risulta essere il primo Paese produttore ed esportatore di vino per volumi a livello mondiale, ma non riesce, in Asia e Sud Africa, ad esprimere, come potrebbe, le sue potenzialità.
Le cause di questa empasse sono da ricercare principalmente nell’eccellente campagna di marketing del settore vinicolo francese da un lato, e negli imbattibili listini dei prodotti australiani e cileni dall'altro, che sembrano sottrarre terreno alle produzioni italiane.
Questione certamente legata alle peculiarità del tessuto produttivo italiano, caratterizzato, ad eccezione di casi sporadici, dalla presenza di una molteplicità di piccole cantine che non dispongono di risorse sufficienti per avventurarsi in mercati esteri e che raramente agiscono in consorzi. Ad incidere ulteriormente è la mancanza di una strategia promozionale e di vendita, che può essere ricondotta all'assenza di un marchio Italia che sia capace di essere rappresentativo delle nostre produzioni vitivinicole, contrariamente da quanto fatto dalla Francia che è riuscita, con un'astuta strategia di marketing, a rendere il Beaujolais Nouveau un marchio di eccellenza internazionalmente riconosciuto.
"Le CCIE dell'Area Asia e Sud Africa si stanno muovendo da tempo per dare visibilità ai nostri vini" - sostiene Davide Cucino, Presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina - "Con la loro azione promozionale le Camere stanno puntando ad avvicinare tali Paesi alle nostre produzioni, orientandole e, direi, anche educandole a nuovi gusti e sapori. Molte delle nostre produzioni si discostano, infatti, per qualità organolettiche da quelle normalmente bevute dai consumatori locali, dolci, fruttate e leggere. Anche per questo, i vini del Sud Italia, che aderiscono maggiormente a queste caratteristiche, stanno mostrando margini di crescita superiori ai nostri rossi classici, con percentuali, come in Thailandia, anche superiori al 20%".
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