Maurizio Peroni

LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !

giovedì 10 giugno 2010

PILLOLE DI STORIA

La storia si ripete. Un tempo, come oggi si promuoveva l'estirpazione. Infatti nei primi anni dell'impero romano la vite era ampiamente diffusa e coltivata in Italia, tanto che nel 90 d.C. Domiziano dovette imporre ai contadini della penisola, con un editto, di sradicare metà delle vigne e vietare nuovi impianti per far fronte ad una preoccupante crisi da sovrapproduzione. I primi vini romani erano comunque piuttosto grossolani: quelli più nobili venivano ancora importati dalla Grecia. Il vino che bevevano i romani era inoltre molto diverso da quello che oggi orna le nostre tavole. Andavano infatti matti per il vino lungamente invecchiato, come in genere in tutta l'antichità. Il Falerno non si poteva bere prima dei 10 anni e rimaneva ottimo fino a 30; i vini di Sorrento erano buoni soltanto dopo 25 anni. Per invecchiare i vini si usavano anfore, aiutandosi con fumo, calore e rudimentali sistemi di pastorizzazione. I vini che bevevano dovevano quindi essere densi, amari, eccessivamente alcolici e quasi sempre stravecchi: l'annacquamento, con acqua calda o fredda ma anche neve, era essenziale, mentre il vino puro (il merum) era riservato agli dei. A seconda delle qualità ad una parte di vino si potevano aggiungere anche tre parti di acqua. I Romani usavano moltissimo, inoltre, i "tagli" tra vini diversi: un dolce vino greco di Chio, ad esempio, per mitigare l'asprezza del Falerno. La bevanda comunque preferita rimaneva il mulsum, una miscela di miele e vino con cui si aprivano i sontuosi banchetti delle grandi famiglie patrizie.

Nessun commento:

Posta un commento