Maurizio Peroni
LA VOCE DELLA TIPICITA' DEI VINI DELLA TRADIZIONE PICENA E FAMILIARE !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !
THE VOICE AND THE UNIQUE CHARACTER OF THE FAMILY AND PICENO TRADITION !
venerdì 21 dicembre 2012
domenica 16 dicembre 2012
TANTA ITALIA IN WINE.COM 100
Chianti Riserva 2008 Nipozzano (Frescobaldi, al n. 17), Prosecco Veneto La Marca (22), Modus 2009 Ruffino (28), Brunello di Montalcino Riserva 2003 Il Poggione (36), Pinot Grigio 2011 Santa Margherita (46), Campaccio 2007 Terrabianca (50), Palazzo Della Torre 2008 Allegrini (57), Chianti Classico Riserva 2008 Castello di Monsanto (59), Villa Antinori Toscana 2008 (75), Pinot Grigio 2011 Placido (84), Nobile di Montepulciano 2007 Tenuta Trerose (87) e Merlot Umbria 2009 Falesco (99): sono le etichette italiane della “Wine.com 100”, la classifica dei 100 vini più acquistati dai wine lovers americani sull'omologo sito di e-commerce, il doppio del 2011. Un balzo in avanti all’insegna del web 3.0 e delle sue potenzialità, ancora tutte da sfruttare, dall’e-commerce per il nostro Belpaese. Una classifica dominata, nelle prime 10 posizioni, da Stati Uniti (con 6 vini, 4 dalla California e 2 da Washington), Australia (2),Spagna e Francia e quasi monopolizzata da un solo vitigno, il
Cabernet Sauvignon. E se sul mercato Usa l’import vale il 30% dei consumi, su www.wine.com le etichette straniere, spinte dai bianchi, rappresentano ben il 50% delle vendite. Da questo si evince che così come in Italia anche negli States il consumo del vino si sta spostando sempre più sui bianchi!
lunedì 3 dicembre 2012
LIBERALIZZAZIONE SUL TAPPO
Finalmente si è arrivati in fondo alla diatriba: tappo di sughero o tappo alter-
nativo? Dopo anni di discussioni sull'articolo 8, quello che nei Disciplinari specifica il confezionamento e quindi anche il tipo di tappo consentito, il Mipaaf ha dato il via alla “liberalizzazione”, dando al produttore la possibilità di scelta anche del tappo sintetico, a vite o composto. Che cosa è cambiato quindi? Fino a ieri l'uso del tappo alternativo era consentito solo per alcune Doc, ma per nessuna Docg. Adesso sarà esteso a tutte le Doc e a parte delle Docg, restando esclusi cru e sottozone. Ci saranno molti problemi e lavoro per i vari Consorzi che dovranno riscrivere i loro disciplinari uniformandosi alla nuova legge, ma secondo me è una svolta positiva che consentirà al vino italiano di avvicinarsi a quei mercati che richiedono vini con chiusure alternative al sughero.
mercoledì 28 novembre 2012
L'ACQUA CHE SI TRASFORMA IN VINO
Ogni mondo è paese e creare un’oasi di vino rosso nel deserto ... Questa volta non è una trovata italiana e nè l’inizio dei racconti di Mille e una notte, ma quello che è
successo in Arabia Saudita dove la polizia religiosa di Khamis Mushait, città nel sud del Paese, ha “sequestrato” un lago contenente 5 tonnellate di “liquido alcolico” pronti per essere trasformati in vino e poi confezionati in bottiglie”. Il paese musulmano punisce con il carcere il consumo e la vendita di alcolici e pertanto il quotidiano locale “al Sharq” che ha riportato la notizia, elogia la polizia locale per la “inusuale confisca".
domenica 18 novembre 2012
PILLOLE DI SCIENZA: I NUOVI LIEVITI
Da qualche tempo si sta assistendo,soprattutto in Francia, all’impiego crescente di
microrganismi come Pichia,Kluyveromyces, Torulospora,Metschnikowia nella vinificazione per avere vini con una maggiore complessità aromatica. Fino a poco tempo fa le indicazioni fornite dalla microbiologia enologica tradizionale consideravano questi agenti della fermentazione inadatti a trasformare gli zuccheri in alcool sia per i bassi rendimenti sia per alcuni prodotti secondari dai profili
sensoriali non sempre graditi.L’uso della solforosa in fermentazione ha, infatti, anche lo scopo di ridurre la presenza di questi lieviti e di favorire nel contempo
i Saccharomyces che costituiscono oggi la totalità dei lieviti selezionati prodotti
dall’industria. La necessità di offrire vini, soprattutto bianchi, con un profilo
aromatico meno standardizzato, la minore esigenza di avere alti rendimenti di trasformazione in alcol, la maggiore igiene nelle pratiche di vinificazione, l’assenza di rischi dovuti alla elevata produzione di acido acetico che di solito caratterizzava questi lieviti e l’interesse crescente del consumatore per questi vini
insoliti, hanno indotto i ricercatori e l’industria a produrre degli starter con miscele di microrganismi di diversa origine genetica. I mosti inoculati con aggiunte
sequenziale di lieviti diversi danno origine a vini con profumi più floreali come quelli della ginestra o fruttati come quelli dei frutti della passione o di
agrumi, simili ai vini che si originano da macerazioni molto prolungate sulle bucce.All’Università di Milano sono stati isolati,in questi anni, microrganismi
provenienti da mosti e vini della Georgia, diversi dal genere Saccharomyces, che hanno indotto nel vino la formazione di sostanze volatili di grande interesse
sensoriale. L’unica controindicazione è quella rappresentata dal prezzo elevato di
questi starter, ma si pensa che il loro uso generalizzato renderà la produzione meno onerosa. Di questi passi la tipicità sarà un elemento difficile da ricercare sul vino!
IL VINO E I GIOVANI
Vorrebbero un mondo del vino con meno fronzoli e più semplicità, meno mediazioni di esperti e più divertimento, pur riconoscendo al nettare di Bacco italiano un valore aggiunto superiore al resto del made in Italy. Ecco i “Millenials” all’italiana, ovvero i giovani tra 18 e 35 anni ed il loro rapporto con il vino, fotografato dall’indagine del professor Gabriele Micozzi, docente di marketing all’Università
Politecnica delle Marche. Il vino che vorrebbero i giovani? Le caratteristiche
indicate dal 54% di loro sono “semplice, spiritoso, socializzante, senza legno, memorizzabile, versatile e fresco”. E le tipologie che rispecchiano meglio queste caratteristiche, ovvero i loro vini o vitigni preferiti, sono, nell’ordine, Lambrusco, Prosecco, Sangiovese, Chianti, Chardonnay, Montepulciano d'Abruzzo, Moscato. Pochi, solo 1 su 5 (il 22%), sono interessati a corsi sul vino, anche se il 38% di chi si dichiara inesperto vorrebbe comunque saperne di più. Ma in maniera meno mediata di quanto accade oggi: il 48% degli under 35 vorrebbe che parlassero di vino più vignaioli e meno “finti sommelier ed esperti”, il 42% non ama le attuali trasmissioni e promozioni sul vino, dalle quali vorrebbero “meno scena e più semplicità”. Una diffidenza, insomma, verso i canali “istituzionalizzati”, che si riflette anche nei criteri di acquisto: per il 66% le guide non sono imparziali, al punto che il 78% dei giovani si affida al passaparola di amici e ristoratori di fiducia o ai social network. E anche se 1 giovane su 6 compra vino in gdo, la stragrande maggioranza, se potesse, lo acquisterebbe in cantina, o nei farmer’s market in città. Da rivedere, poi, anche le etichette, che per 3 su 4 sono “anonime, non comunicative, senza stile e inadeguate”, e che il 32% vorrebbe riportassero anche calorie, quantità consigliate, proprietà benefiche e pericoli del bere vino. Ma se i giovani italiani riconoscono al vino un valore del 39% più alto sul resto del made in Italy, ma anche sul prodotto straniero (e il 48% in più alle bottiglie di piccoli produttori), sull’enoturismo prevalgono gli esterofili: il 37% vorrebbe farlo oltreconfine (soprattutto in
Francia, California e Australia), su un 32% che preferirebbe l’Italia (Toscana, Sicilia e Piemonte in testa).
sabato 3 novembre 2012
L'E-COMMERCE E I WINE LOVERS
Innovazione contro tradizione: l’e-commerce del vino ancora non convince 6 wine lovers su 10 che restano fedeli a canali più tradizionali, primo fra tutti l’acquisto diretto in azienda, preferito dal 48% degli appassionati. Ma c’è a chi piace “servire” vino a tavola con un click (40%) e lo fa soprattutto perché trova tutte le bottiglie che cerca e, tendenzialmente,utilizza web site di enoteche e wine shop, ma anche l’acquisto “virtuale diretto” sui siti delle cantine. Appassionati ancora diffidenti
sull’acquisto di vino on line, mentre l’e-commerce nel complesso, nel 2012 è cresciuto del 19%, ma non sono pochi ancora quelli che invece credono nella rete anche per riempire il calice. Ad avvalorare il dato della forte performance del commercio elettronico, sono anche gli ultimi trend che riguardano il made in Italy nel mondo della rete, come per esempio il +20% di click nei primi mesi 2012 messo a segno dai prodotti alimentari del Belpaese, fra i più “googlati” in Usa, Francia, Inghilterra, Germania, Giappone, Emirati Arabi, Brasile, Russia, India e Cina, secondo lo studio di Google. Chi acquista vino on line, lo fa soprattutto perché trova tutte le bottiglie che cerca, per la comodità, per la convenienza e perché, a detta degli “enonauti”, trova sui siti migliori informazioni per decidere cosa comprare. E se spadroneggiano
enoteche on line e shop specializzati nella vendita di vino, anche stranieri (fra i più cliccati wineshop.it, xtrawine.com, uvinum.it, vinimania.com, wineandco.com, millesima.it, wine.com, lot18.com e 1855.com), cresce anche l’acquisto sui siti di produttori, ma si sviluppano anche realtà 2.0,come il “Forum del Gambero Rosso”, nella sezione “compro & vendo vino” o solo in alcuni casi portali generalisti come ebay.it. Ma che bottiglie comprano i wine lovers? Soprattutto vini di altri territori (40%), non facilmente reperibili, ma anche bottiglie meno conosciute di piccole cantine 37%),
senza dimenticare vini blasonati (15%) o bottiglie introvabili (8%).
venerdì 26 ottobre 2012
PILLOLE DI STORIA: I CONSERVANTI DEL VINO USATI DA GRECI E ROMANI
Lo sviluppo delle tecniche analitiche relative all’amplificazione del DNA su materiali
raccolti nelle numerose anfore conservate nei musei della Grecia, ha portato a
nuove scoperte sui materiali che erano oggetto di commercio a partire dal V fino al
III secolo a.C. da parte di una equipe greco-svedese. I residui trovati all’interno
delle anfore, valutati con le tecniche dell’analisi del DNA antico, hanno rivelato che
non solo vino ed olio erano trasportati dai commercianti greci in molte località del
Mediterraneo -fatto questo ben conosciuto - ma anche altri prodotti alimentari come
noci, fave,piante della famiglia del ginger,etc. Di particolare interesse il rinvenimento di tracce di piante come l’origano, la menta, il timo, rosmarino e salvia assieme alla resina di terebinto, di pino e di ginepro. A che cosa servivano?
La presenza dei resti di queste piante assieme a quelli del vino ha significati diversi: potrebbe spiegare il riuso dell’anfora da vino per trasportare altri prodotti, oppure l’impiego delle resine per rendere le anfore impermeabili
e per migliorare la conservabilità del vino durante il trasporto oppure, e questo è
un’informazione nuova, per aromatizzare il vino, essendo le piante di rosmarino, timo,
menta,etc ricche di antiossidanti e sostanze antibatteriche e quindi capaci di potenziare l’effetto delle resine di terebinto e pino. A questo punto mi sorge spontanea una domanda:nel 2012 dove il sistema biologico è già trapassato e morto e siamo proiettati nel biodinamico??!!???, ci sarà qualche produttore (visto che alcuni sentori di queste spezie già li troviamo spontaneamente all'olfatto di alcune tipologie di vino) che fa un uso parsimonioso di queste sostanze naturali senza ricorrere a tannini, ascorbico e metabisolfito?
sabato 20 ottobre 2012
GUIDA VINI D'ITALIA 2013 GAMBERO ROSSO
La più titolata guida VINI D'ITALIA 2013,annuncia i suoi vincitori:
ROSSO DELL'ANNO: SASSICAIA 2009
BIANCO DELL'ANNO: FCO Sauvignon ZUC DI VOLPE 2011 di VOLPE PASINI
BOLLICINE DELL'ANNO / TRENTO DOC AQUILA REALE RISERVA 2005 di Cesarini Sforza gruppo LA-VIS da uve Chardonay
VINO DOLCE DELL'ANNO / CHAMBAVE MUSCAT FLETRI 2010 di La Vrille di Verrayes
CANTINA DELL'ANNO / SELLA&MOSCA del GRUPPO CAMPARI
CANTINA EMERGENTE: “Un'azienda giovane fatta da giovani”.La descrive così, con poche parole,Federico Terenzi, 34enne ad che,assieme al padre Florio, sua madre Giuseppina e ai fratelli Balbino (36 anni) e Francesca Romana (27 anni),conduce l'omonima cantina che il Gambero Rosso premia come "Emergente dell'anno”.
VITICOLTORE DELL'ANNO:LIBRANDI, l'eroe della calabria che dal 1993 sperimentava in campo i vitigni autoctoni di Magliocco, Alvino e di Pecorello.
RAPPORTO QUALITA'/PREZZO: dall'azienda CANTELA, fondata negli anni '50, che gestisce oggi 200 ettari di vigneto per un fatturato di 5 milioni di euro, e che produce questo
vino il SALICE SALENTINO(base Negroamaro) fin primi anni '80, oggi venduto al canale HORECA a 4,5 euro.
VITIVINICOLTURA SOSTENIBILE: CASTELLO MONTE VIBIANO 700 ha, tra cui 45 di vigneto e 55 di uliveto,un fatturato di 1,5 milioni di euro e una produzione di 150mila bottiglie, è la prima azienda al mondo ad aver ottenuto la certificazione della società norvegese DNV (Det Norske Veritas) secondo la norma internazionale ISO 16064 per l'abbattimento di gas serra.Pannelli solari per 250Kw, uso di fertilizzanti a basso impatto
ecologico, trattori a biodiesel, stazione di ricarica elettrica e incremento della flora boschiva per una riduzione di emissione di CO2.
venerdì 19 ottobre 2012
IL MIGLIOR VINO ITALIANO
Il miglior vino italiano è il TREBBIANO D'ABRUZZO 2007 di VALENTINI; a dirlo la “Best Italian Wine Awards - I 50 migliori vini d’Italia”, classifica ideata da Luca Gardini, sommelier campione del mondo nel 2010, e da Andrea Grignaffini, critico enogastronomico e creative director della rivista “Spirito diVino”, in giuria insieme agli italiani Daniele Cernilli, Enzo Vizzari, curatore dalla guida de “l’Espresso”, Raoul Salama enologo e giornalista della Reveu du vin de France, e il britannico Tim Atkin, master of wine e wine writer di “The Economist” e “The Observer". Segue classifica completa:
1 Valentini Trebbiano d’Abruzzo 2007
2 Mascarello Giuseppe e Figlio Barolo Riserva Monprivato Cà d’ Morissio 2004
3 Tenuta San Guido Bolgheri Sassicaia 2009
4 Conterno Giacomo Barolo Riserva Monfortino 2004
5 Quintarelli Giuseppe Amarone della Valpolicella Classico 2003
6 Giacosa Bruno Barolo Le Rocche del Falletto 2007
7 Mastroberardino Radici Taurasi Riserva 2005
8 Marco De Bartoli Vecchio Samperi Ventennale s.a.
9 Ferrari Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2001
10 Casanova di Neri Brunello di Montalcino Cerretalto 2006
11 Montevertine Le Pergole Torte 2008
12 Elio Grasso Barolo Gavarini Vigna Chiniera 2008
13 Travaglini Gattinara Riserva 2006
14 Dal Forno Romano Amarone della Valpolicella di Monte Lodoletta 2006
15 Fattoria Zerbina Albana Di Romagna Passito Scaccomatto 2008
16 Lis Neris Tal Lùc 2008
17 Palari Rosso del Soprano 2008
18 Cavallotto Barolo Bricco Boschis 2008
19 Zidarich Carso Vitovska 2009
20 Poggio di Sotto Brunello di Montalcino Riserva 2006
21 Massolino Barolo Riserva Vigna Rionda 2005
22 Rizzi Barbaresco Pajorè 2008
23 Produttori del Barbaresco Barbaresco Riserva Ovello 2007
24 Biondi Santi Tenuta Greppo Brunello di Montalcino Riserva 2006
25 Miani C.O.F. Sauvignon Saurint 2010
26 Case Basse Brunello di Montalcino Riserva 2005
27 Pietracupa Greco di Tufo 2010
28 Voerzio Roberto Barolo La Serra 2008
29 Castello Banfi Brunello di Montalcino Riserva Poggio all’Oro 2006
30 Ca’ del Bosco Cuvée Annamaria Clementi Rosé 2004
31 Tenute Sella Lessona Omaggio a Quintino Sella 2006
32 Villa Bucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva 2007
33 Monte Rossa Cabochon Rosé Riserva 2005
34 Ar.Pe.Pe. Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse 2001
35 Podere Il Carnasciale Il Caberlot 2008
36 Barone Ricasoli Chianti Classico Castello di Brolio Colledilà 2008
37 Vodopivec Vitovska 2007
38 Il Pollenza Il Pollenza 2008
39 La Fiorita Brunello di Montalcino Riserva 2006
40 Rinaldi Giuseppe Barolo Cannubi San Lorenzo-Ravera 2008
41 Garofoli Verdicchio dei C. di Jesi Gioacchino Garofoli 2006
42 Polvanera Primitivo di Gioia del Colle 17 2009
43 Tenuta dell’Ornellaia Masseto 2008
44 Montevetrano Montevetrano 2010
45 Borgo del Tiglio Collio Bianco Ronco della Chiesa 2010
46 Bellavista Franciacorta Gran Cuvée Pas Operé 2006
47 Le Macchiole Messorio 2009
48 Antinori Solaia 2009
49 Marisa Cuomo Furore Bianco Fiorduva 2010
50 Fino Gianfranco Primitivo di Manduria ES 2010
giovedì 18 ottobre 2012
RECESSIONI VENDITE E ART. 62
Il mese di ottobre sarà ricordato come il mese delle recessioni vendite a causa dell'art.62. A tal proposito ecco il parere espresso da un grande produttore di Montalcino."Lo sapete che il 24 ottobre prossimo scatta l'art.62 del decreto liberalizzazioni,quello che impone la forma scritta dei contratti di cessione dei prodotti agroalimentari e tempi certi di pagamento, 30 e 60 giorni?".Sì, lo sappiamo e sappiamo anche che il Consiglio di Stato ha dato parere favorevole su un provvedimento cui il ministro Catania si è impegnato al massimo, scontrandosi duramente con la lobby della Gdo privata e cooperativa. "Belle parole. Ma lo sapete qual è l'effetto concreto di questo art.62 che ci avvicina all'Europa, come dice il ministro?" No, non lo sappiamo. Che succede?
Succede che, dovendo pagare il mio vino a 60 giorni, la Gdo che prima pagava a 120 giorni mi ha chiesto uno sconto ulteriore, se no cambia fornitore. Mentre i ristoranti che mi pagavano, è vero, a 180 giorni quando andava bene, hanno ridotto drasticamente
gli ordini. In media due-tre cartoni quando l'ordine in passato non era mai inferiore a dieci". Pensavo che queste opinioni fossero riservate ai produttori piceni e quindi mi fa riflettere sulle capacità manageriali dei viticoltori italiani. Per rispondere al produttore: ma se nessuno dal 24 ottobre sarà disponibile a fornire vino a chi non rispetterà i nuovi termini di pagamento, non sarà forse meglio per tutti? Ed in questo caso il prezzo sarà fatto dal vino,dalla sua qualità, dal mercato e non più dalla Gdo e dai rivenditori.
sabato 13 ottobre 2012
ABUSIVISMO AGRICOLO
Immaginate un gigantesco vigneto di oltre 24mila ettari considerando una resa per ettaro media di un centinaio di quintali, produce qualcosa come 200milioni di bottiglie,una percentuale non indifferente della produzione nazionale. Fin qui niente di strano, se non che questo vigneto è tutto, completamente e forse irrimediabilmente, abusivo. Infatti e' accaduto che negli ultimi dieci anni, per responsabilità diretta
delle Regioni (che non hanno controllato), migliaia e migliaia di produttori hanno impiantato vigneti senza pagare i cosiddetti "diritti di impianto" (o di reimpianto)
come prevedono norme e regolamenti comunitari. La Commissione,a partire dal 2008 ha fatto le sue verifiche, ha interloquito con Regioni, Mipaaf e Agea, ha messo in fila i dati e ha scoperto il "buco nero" dei 24mila ettari di vigneto che non dovrebbero esserci, che dovrebbero essere espiantati e che, comunque, debbono pagare una sanzione di 98,8 milioni di euro. Per la verità, quando la Commissione,un paio di anni fa, ha aperto il dossier Italia e ha cominciato a istruire la pratica, la sanzione era più che doppia,208 milioni di euro, considerando una superficie "abusiva" più ampia e,
soprattutto, un valore dei diritti più alto. Poi la trattativa, condotta con determinazione dagli uomini Agea, unita alla disponibilità del nuovo direttore della DgAgri, lo spagnolo José Silva Rodriguez (che non poteva certo dimenticare che la Spagna ha anch'essa uno stock di vigneti irregolari)ha permesso di ridurre la sanzione
da 208 a 98,9 milioni di euro (pari a circa 4mila euro/ha).Ora si tratta di pagare con il consueto meccanismo della compensazione dei conti che consiste nella riduzione
dei trasferimenti dei fondi della Pac da Bruxelles ai singoli Paesi. In altri termini, l'Italia dovrà restituire o compensare 98,9 milioni di euro con un danno non indifferente per gli equilibri economici della filiera. "Molti produttori onesti " spiegano all'Agea "riceveranno meno contributi per colpa dei loro colleghi che hanno
piantato vigneti senza denunciarli agli Ispettorati Agrari, senza presentare
le dichiarazioni di espianto e di reimpianto".Ma soprattutto per colpa delle
Regioni, che avrebbero dovuto controllare e non l'hanno fatto. Anzi, hanno regolarizzato,a fronte di un modestissimo pagamento di qualche centinaio di
euro, migliaia di ettari senza diritti. Lo ha fatto, in maniera, diciamo, esagerata
la Regione Puglia (sotto le due presidenze Fitto e Vendola) che ha "sanato"
25mila ettari di vigneto, quasi tutti nel Foggiano, la zona dei vini da tavola
e ora delle Igt Daunia e Puglia, che la Commissione ha cancellato considerandone 19mila "abusivi" e comminando una sanzione di 72 milioni di euro. "La Puglia" confidano
all'Agea " avrebbe voluto, pensi un po',allegare al dossier destinato all'Europa
dichiarazioni di conformità costruite ex post, per evitare le difformità più
palesi con i rilievi aerofotogrammetrici".Particolare, questo confermato dagli uffici dell'Assessorato all'Agricoltura della Regione Sicilia che ha,secondo Bruxelles, 2.800 ettari di vigneto irregolare e deve, quindi, pagare 11 milioni di sanzione: "Noi non
siamo come la Puglia che ha presentato le autocertificazioni. Noi siamo in grado di dimostrare che i nuovi vigneti sono stati impiantati dove c'erano i vecchi. E abbiamo fatto pagare 380 euro/ha a chi si era dimenticato di presentare la documentazione di
reimpianto". Dimenticanze, errori,negligenze. Ma alla fine qualcuno pagherà? Le solite cose all'italiana!
sabato 15 settembre 2012
I VINI ITALIANI PIU' AMATI AL MONDO
Quali sono i 5 vini italiani più amati al mondo nel 2012? Ce li svela una ricerca nata dal monitoraggio delle 50 più autorevoli riviste di settore internazionali: con il 22,5% delle citazioni, specie nella stampa americana, Sassicaia ed Ornellaia, seguiti da una griffe, la Ruffino, presente nel 17,8% degli articoli presi in considerazione. Al terzo posto con il 14,10% il Barolo di Bartolo Mascarello, amato anche in Francia,
seguito dal Soave di Pieropan con l'11,6% e a chiudere l’Aglianico di Mastroberardino con il 9,5%.
giovedì 13 settembre 2012
TRE BICCHIERI 2013 REGIONE MARCHE
Dopo una crescita ininterrotta nei scorsi lustri, quest'anno cala il numero dei Tre Bicchieri assegnati dal Gambero Rosso ai vini delle Marche. Una flessione speriamo solo fisiologica anche se è dovuta forse a cause ben specifiche. IL Verdicchio, si conferma wine leader della regione, e cresce in numero e in personalità. Nel bicchiere può contare su una molteplicità d'etichette che trasmettono la lucida e univoca visione di chi le ha create. C'è il senso elegantissimo e sussurato del Riserva Villa Bucci di Ampelio Bucci; il passo cadenzato, regolato dal sapiente uso del legno del Riserva Stefano Antonucci di Santa Barbara e del San Sisto di Fazi Battaglia; si esprime la potenza e la tipicità che la riva destra dell'Esino (Capovolto de La
Marca di San Michele, Il Cantico della Figura di Felici, San Michele di Bonci) e, al contempo, la raffinata impronta della riva sinistra (Podium di Garofoli, Crisio di Casalfarneto, Vecchie Vigne di Umani Ronchi Montesolaro e Pallio di San Floriano).
Vi è l'uso perfetto della “surmaturazione” delle uve che dona sfumature aromatiche accattivanti e grande ricchezza di sapore (Vigna Novali di Moncaro e Mirum de La Monacesca). Il primo alloro alle bollicine dell'Ubaldo Rosi di Colonnara è il sigillo della versatilità del vitigno. Matelica incoccia in due annate meno fortunate, 2011 e 2009 e ne esce con le polveri bagnate ma la qualità media dei vini punta decisamente verso l'alto. Bocca asciutta per l'Offida Pecorino, la cui qualità si diluisce e si fraziona nel solito marasma d'interpretazioni, alcune anche molto distanti tra loro. Chi esce malconcio è il rosso marchigiano che perde due Tre Bicchieri, passando dai 6 del 2012 ai 4 del 2013, confermando che le Marche stanno mutando la loro vocazione vinicola da bacca rossa a bacca bianca. Si salvano i soliti: Kurni di Oasi degli Angeli, Barricadiero di Aurora, Roggio del Filare di Velenosi e il Pollenza
dell'omonima cantina. La Lacrima di Morro d'Alba, specie nelle tipologie Superiore e
Passito, gode di ottima salute. Non sembra infatti lontano il giorno in cui qualcuno
potrà avere dei riconoscimenti migliori.
venerdì 7 settembre 2012
SEMI DI UVA RISALENTI A 2000 ANNI FA
Semi d’uva, perfettamente conservati, vecchi di 2.000 anni fa: è la scoperta fatta in un pozzo risalente all’epoca romana a Cetamura, nei terreni di Badia a Coltibuono, storica azienda del Chianti Classico, che potrebbe portare a nuove scoperte sulla viticultura e sulla storia del paesaggio della Toscana. Come? Grazie alle reali possibilità che gli scienziati possano identificare il Dna, e raccontarci molto circa la viticultura e le varietà dell’epoca, ed il consumo di uva nel periodo romano.
lunedì 3 settembre 2012
CURIOSITA' NEL MODO DI BERE DAGLI STATES
Da un sondaggio fatto negli States, emerge che il 66% delle persone, beve alcolici, in media 4,2 drink a settimana. Birra, soprattutto, scelta come bevanda alcolica preferita dal 39% dei bevitori, sul 35% del vino e il 22% dei liquori. Ma la
proporzione si ribalta quando scendono in campo le donne: se tra gli uomini, come prima scelta, spadroneggia “la bionda” con il 55% delle preferenze, e con il nettare di Bacco “relegato” al 20%, tra il gentil sesso il vino è preferito nel 52% dei casi. Roba da donne, dunque, il vino negli States, e non da giovanissimi: se la birra è preferita dal 45% delle persone tra 18 e 54 anni, dai 55 in poi vini rossi, bianchi e bollicine spadroneggiano nel bicchiere. Ma il gusto degli americani per il bere cambia, eccome, anche a seconda della longitudine: nella East Coast il nettare di Bacco è la bevanda alcolica favorita, al Sud è al pari della birra, che vince a Ovest e nel Midwest degli States.
NOVITA' DAL MERCATO DEL VINO
Brutte notizie per il vino, italiano e non solo....... in Russia nonostante la
passione per gli spumanti italiani, Asti, Moscato e Prosecco in testa, a inizio 2012 l’export complessivo di vino italiano nel Paese è crollato del 48% sul 2011.
E ora arriva un’altra novità di certo non positiva: il governo Putin, come misura estrema per la lotta all’alcolismo che affligge i russi, ha già vietato la pubblicità di ogni tipo di bevanda alcolica su tutti i media come televisione, radio, internet, ma anche sugli autobus del trasporto pubblico e sui cartelloni pubblicitari. E, dal
1 gennaio 2013, il divieto scatterà anche per la carta stampata. Un’iniziativa che potrebbe essere un duro colpo all’espansione dei consumi di vino in Russia, dove la cultura del nettare di Bacco è ancora tutta da costruire, e dove i media specializzati, importantissimi anche per questa mission, corrono il serio rischio di vedere finire “fuori legge” la fonte primaria del loro sostentamento.
Spostandoci dall'altra parte del continente le cose cambiano: a luglio le
scorte di vino hanno raggiunto il loro punto più basso negli ultimi 10 anni, e l’industria si sta avvicinando ad un punto di equilibrio dopo anni di eccesso di offerta”: una situazione ottimale per i produttori, che in un futuro immediato potranno ricominciare a scegliere su quali politiche di prezzo puntare, senza subire eccessivamente le “bizze” di un mercato in continuo movimento. Infatti le ultime due vendemmie a dir poco difficoltose in California (la Regione che, da sola, rappresenta l’80% di tutta la produzione a stelle e strisce), ha permesso di poter importare vino sfuso dal resto del mondo per rispondere alla “sete” di vino di una popolazione che, pur mettendo ancora in cima alle proprie bevande alcoliche preferite la birra, ha sempre più voglia di vino. Del resto, che negli Usa il vino autoctono non sia sufficiente lo dimostra un’altra tendenza: la diminuzione delle esportazioni, a favore
di un mercato interno che garantisce profitti decisamente maggiori. Ma non basta e, soprattutto, non basterà per i prossimi 5 anni, fin quando le vigne che verranno impiantate da qui al 2014 non entreranno in produzione. E fino ad allora, l’unica soluzione è importare vino da chi, negli ultimi anni, ha avuto vendemmie abbondanti e di qualità: Spagna e Italia, seguite da Australia ed Argentina.
LE TEORIE DEL GUSTO "OMOLOGATO" DEI VINI ITALIANI
E' terminata l'estate è iniziata la vendemmia e spunta il tormentone: “I vini italiani sono sempre meno tipici?”. L’affermazione, è di Luigi Odello, direttore del Centro
Studi Assaggiatori, che ha sottoposto 27 esperti ad una degustazione alla cieca, in cui dovevano collegare i vini assaggiati ai territori di provenienza. Con scarsi risultati, visto che, con una Barbera d’Alba,per esempio, nessuno l’ha riconosciuta e collegata al Piemonte, altri l’hanno presa per un Brunello di Montalcino. Colpa dell’omologazione di tanti vini in cantina, dice il Centro Studi. Ma può essere un allarme anacronistico, visto che oggi tutti vanno verso la tipicità, puntando su una produzione con vitigni autoctoni, lieviti “selvaggi” ed esaltazione del terroir”? Trova daccordo Marco Sabellico, curatore della guida del Gambero Rosso e Gigi
Brozzoni, alla guida del Seminario Veronelli. “La difficoltà di attribuire i vini ai loro territori, semmai, è dovuta al motivo opposto dell’omologazione: c’è tanta varietà e, a parte alcuni descrittori comuni a tanti vini, a molti degustati mancano punti di riferimento sulle differenze”. Ma allora c'è da chiedersi: loro che sono esperti degustatori perchè referenti delle guide, non è che mancano un pò di professionalità se non riescono ad avere punti di riferimenti tra le varie varietà?
giovedì 2 agosto 2012
L'ILLUSIONE DEL PAGAMENTO A 60 GIORNI
Non si parla d'altro; il settore agroalimentare ha tirato un lungo respiro di sollievo nell'apprendere del decreto interministeriale che impone che i contratti di compravendita debbono obbligatoriamente stabilire quantità, modalità di consegna
ma anche tempi certi per i pagamenti, eliminando così molte storture che erano diventate regole. Il provvedimento,inoltre, individua in modo dettagliato una serie di pratiche sleali messe in atto da chi abusa della propria maggior forza commerciale e in questo caso uno dei settori che ne trarrà maggiori benefici sarà quello vinicolo. Per dovere di cronaca,dobbiamo però anche dire che per le bevande alcoliche, le regole non solo già esistevano ma erano e sono molto chiare. La legge 18 febbraio del
1999, all'art. 22, dispone che "per le cessioni di prodotti alcolici (...) i corrispettivi devono essere versati entro 60 giorni dal momento della consegna o ritiro". Ma allora perchè i produttori si lamentano che la stragrande maggioranza
degli esercizi, in primis la ristorazione, paga, se va bebe, a 180 giorni? Tutti mugugnano, ma nessuno prende posizione. Anzi il gioco è sempre al ribasso. Questa e la campana che ci ricorda quanto il mondo del vino sia disunito e preferisca continuare
a giocare la vecchia partita del rubamazzo.
GLOBAL WARMING
A dettare i ritmi dell’accelerazione qualitativa dei vini italiani è stata, a cavallo degli anni Ottanta, una recuperata sensibilità nei confronti della viticoltura, non più come strumento per ottenere il massimo in termini quantitativi, ma, come una propria tecnica per produrre tipicità. Un lavoro costituito per lo più su un modello qualitativo fatto di sesti d’impianto stretti, numero di piante ad ettaro molto alto e rese di uva a pianta molto basse.Tutto questo però,sembra non rispondere alle sollecitazioni climatiche di oggi, soprattutto per il “global warming”, che sta colpendo tutta la Penisola. Le previsioni a medio-lungo termine, infatti, indicano una costante presenza di alta pressione sull’Italia, le cui temperature troveranno dei picchi, e poi un riassesto su valori normali per la stagione,ma la pioggia sarà quasi assente. Ecco che allora sesti d’impianto meno estremi, sistemi di allevamento
tradizionali, rese d’uva un po’ aumentate e/o varietà tradizionali tardive possono contribuire a fronteggiare, nel lungo periodo, il disequilibrio che caratterizza i vini di questo 21esimo secolo (grado alcolico elevato, acidità basse, indebolimento aromatico). In questo senso, la tradizione viticola italiana (consapevole di dover impiantare vigneti in zone tendenzialmente mediterranee e non dal clima continentale) può rappresentare un buon indirizzo, ma, d’altra parte, il ricorso ad antiche pratiche agronomiche non necessariamente collima con la tendenziale rincorsa alla riduzione delle ore lavorative in vigneto, specie in tempi di crisi come questi. L’ottimizzazione dei tempi, dei costi e dell’orientamento al mercato impongono scelte spesso incapaci di reagire alla discontinuità della natura, finendo con l’influenzare in negativo la qualità finale della bottiglia. A meno che, il “global warming” sia un falso problema,superabile semplicemente con tanta irrigazione. Ma l’acqua, la risorsa più importante del pianeta, non è infinita. Occorre, quindi, considerare seriamente un nuovo, seppur costoso, cambio di rotta.
domenica 29 luglio 2012
IL PANORAMA VITIVINICOLO CINESE
I vini cinesi sono all’altezza dei migliori vini del mondo? Non è una domanda retorica, perchè tra il 50° e 32° parallelo si trovano le principali aree vitivinicole del mondo: Bordeaux, Borgogna, Napa Valley, Langhe, Franciacorta,Chianti...e, spostandoci ad est, la Cina. Se le coordinate geografiche non bastassero, si può sempre ricorrere ai numeri: 30 milioni di ettolitri di vino prodotti annualmente (poco meno della metà della produzione complessiva italiana) 1.500 grandi cantine (erano appena 400 negli anni '90)e la più alta percentuale di vigneti impiantati negli
ultimi anni. A completare il quadro ci sono gli enormi investimenti in macchinari, tecnologia, e soprattutto know-how enologico. Ed è su questo ultimo punto che bisogna riflettere. La tattica della Cina, è quella di “imparare l'arte e metterla da
parte”, grazie ad una strana alleanza con i francesi che ha cambiato perfino il paesaggio cinese. Nel giro di pochi anni vigne e (finti) Chateaux si son fatti largo tra shikumen, villaggi rurali, stradine sterrate e terrazze di riso. Il segreto di questo cambiamento si capisce subito: dietro ad ogni azienda cinese del vino, pubblica o privata, c'è sempre un grande viticoltore francese. Come l'enologo Gérard Colin, che da St. Emilion, nel cuore di Bordeaux, è arrivato a Penglai, nel cuore dello Shandong,
la più antica e ampia provincia vitivincola cinese con un clima simile a quello bordolese, per dedicarsi al progetto di realizzare uno Château Lafite-Rotschild grazie ad una joint venture Baroni de Rotschild-Citc, la società di investimento, controllata dal governo di Pechino. «Abbiamo rimosso 40mila tonnellate di pietre e ottenuto 30 ettari di terreno e 9 mila chilometri di muretti in pietra – spiega Colin - dodici ettari sono già stati piantati a Cabernet Sauvignon, ma ci sono anche filari di Syrah, Cabernet Franc, Merlot e Marselen”: insomma, tutti i vitigni base dei più famosi blend
francesi per un investimento iniziale di 100 milioni di yuan (circa 15 milioni
di dollari). La prima vendemmia nel 2014. Ma Monsieur Colin non è l'unico
enologo emigrato nello Shandong per diffondere l'arte del vino. Il suo connazionale
Michel Rolland, uno degli enologi più famosi al mondo, è stato assoldato come consulente da Cofco (il colosso pubblico dell'agroalimentare: dai cereali alle caramelle) impegnandolo a Chateau Junding, conosciuto anche come la Nava Valley cinese. Spostandoci nelle varie regioni vitivincole del Paese, la situazione non cambia poi molto: sventola bandiera francese anche nella provincia di Yunnan, in particolare a Dequin (molto più vicina a Vietnam e Thailandia che a Shangai)dove Moet Hennessy ha creato la joint venture Shangri-la Winery, e anche nella quotatissima regione autonoma Ningxia, alle pendici delle Helan Mountains, dove la multinazionale
francese Pernod Ricard è entrata in affari con alcuni imprenditori locali per
fondare Domaine Helan Mountain . Una precisazione: quando si parla di Chateaux o Domaines non si indicano semplici cantine, ma veri Disneyland del vino dove gli ospiti, oltre a bere il vino della maison, possono soggiornare, giocare a golf e visitare i vigneti. Il messaggio è chiaro: la Cina non vuole soltanto fare vino, ma vuole farne uno status symbol che evochi benessere e arte da vivere. I francesi lo hanno capito benissimo e si stanno muovendo anche su questo terreno. Non è un caso se sono in aumento i centri commerciali che ospitano al loro interno boutique, brasserie,
café e bar à vin. Ma i cugini francesi debbono fare attenzione: quando non avranno più
bisogno del loro “savoir faire” i cinesi li scaricheranno. Ci sono centinaia di
neo-miliardari pronti a prenderne il posto. Come giudicare, per esempio, l'arrivo del primo vino Chardonnay cinese al Salon du vin di Parigi, organizzato dalla Revue du Vin de France (che ha aperto una redazione a Shangai)? L'allievo che supera il maestro o una sfida portata direttamente in casa dei grandi dell'enologia mondiale?
mercoledì 18 luglio 2012
NOVITA' DAL MERCATO USA
Niente drammi, dopo che nel 2011 il vino italiano in Usa è stato da record,l'inizio del 2012 ha registrato il calo delle importazioni: -5,6% in volume (799.990 ettolitri) e -3,8% in valore (391 milioni di dollari). A dirlo, i dati dell’Italian Wine & Food
Institute che sottolineano, comunque, come l’Italia resti il Paese leader per quota di mercato tra i vini stranieri tanto in quantità (23,5%) quanto in valore (32,6%), soprattutto con il vino imbottigliato, a differenza dell’Australia, alla posizione n. 2, che vede la metà del suo prodotto arrivare sfuso negli States. L’Italia è l’unico dei Paesi leader del settore, con Australia,Argentina, Cile e Francia, che si dividono più dell’80% del mercato di vini importati in Usa, a far segnare un trend negativo nel 2012. In controtendenza invece sono gli spumanti italiani, che fanno segnare un +9,4% in quantità e un +7,9% in valore.
CANTINA IN FONDO ALL'OCEANO
Di casi in cui il vino viene fatto invecchiare in fondo al mare ce ne sono già, anche in Italia, e ne abbiamo già parlato in altri post. Però non si era mai osato così tanto: un vigneron di Bordeaux, per Decanter.com, lancerà, a giugno 2013, “Vino Mille Leghe Sotto il Mare”, ispirato a Jules Verne,che, grazie a box di acciaio, dovrebbe consentire alle bottiglie di conservarsi, per 10 anni, a 1.000 metri di profondità e a 150 chilometri dalla costa dell’Atlantico. Costo del servizio fantascientifico come il nome: 17 euro a bottiglia all’anno. Ma non siamo in tempo di crisi?
lunedì 16 luglio 2012
I VITIGNI AUTOCTONI ITALIANI IN CINA
I vitigni autoctoni italiani protagonisti in Cina: l’Università di Milano e l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, dal 19 al 22 luglio, porteranno nella storica Università di Pechino e nell’importante Wine College di Penglai, i vitigni tipici di Trentino, Sicilia, Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. “I cinesi non ci conoscono - spiega il professor Attilio Scienza, che guiderà i seminari - dobbiamo
spiegargli che l’Italia è un Paese vinicolo, con tante regioni, tante culture e tanti vitigni”. E per farlo ci saranno seminari divulgativi, e degustazioni con importatori e ristoratori interessati ai vini italiani. COME SEMPRE LE MARCHE PRENDERANNO FORSE IL PROSSIMO AEREO !!
I TOP 100 RISTORANTI D'EUROPA
Estate, è tempo di classifiche. Da prendere più che mai con le molle,ma che evidenziano, nel bene o nel male, tendenze che i consumatori seguono, e che chef ed imprenditori della ristorazione non possono non tenere in considerazione. E così, arriva la “Top 100” dei ristoranti d’Europa di “Opinionated About Dining”, il celebre blog enogastronomico di Steve Plotnicki, frutto dell’incrocio di 70.000 recensioni di più di 3.000 utenti. Il miglior ristorante del continente è il Quique Dacosta a Dénia (Spagna). Seguito dai celeberrimi Fat Duck (Gran Bretagna) e Noma di Copenaghen (Danimarca). E in una classifica dominata, per numero,dalla Francia, con 37 ristoranti su 100, davanti a Spagna e Italia a pari merito con 15, il primo alfiere del Belpaese è il Combal.Zero di Davide Scabin a Rivoli (Torino) alla posizione n. 13, seguito da Le Calandre a Sarmeola di Rubano (Padova) al n. 15, e da Dal Pescatore di Canneto sull’Oglio (Mantova)al n. 20. Poi Da Vittorio di Brusaporto (Bergamo) al n. 46, La Pergola del Rome Cavalieri al n. 47, Al
Sorriso di Soriso (Novara) al n. 49. Al n. 54 Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano, seguito dall’Osteria La Francescana di Modena al n. 58, dall’Enoteca Pinchiorri a Firenze al n. 61, da Il Canto di Siena al n. 65, da Cracco a Milano al n. 68, e da Arnolfo di Colle Val d’Elsa (Siena) al n. 80. Chiudono la pattuglia degli italiani La Rosetta di Roma al n. 81, La Madonnina del Pescatore di Senigallia (Ancona) al n. 92, e
Perbellini a Isola Rizza (Verona) al n. 98. “Opinionated About Dining è un sondaggio basato sulle opinioni degli utenti” commenta Plotnicki. “La classifica contiene alcuni dati interessanti: quasi il 50% dei ristoranti serve cucina moderna e d’avanguardia, il che mostra un cambiamento nelle preferenze e nella composizione demografica dei recensori”. Plotnicki continua, descrivendo i partecipanti al sondaggio come “appassionati sempre più giovani e più avventurosi, in grado di apprezzare il valore della cucina classica ma alla ricerca di esperienze nuove e capaci di far riflettere”.
mercoledì 11 luglio 2012
VINO & CALCIO
Il suo Corazon Loco, nella versione bianco, si fa strada tra i vini di qualità. La cantina di Fuentealbilla,suo paese natale in provincia di Albacete (120 km a ovest di Valencia), è visitata costantemente da gruppi di enoturisti, attirati dalla bontà del
prodotto, ma soprattutto dalla grande notorietà del proprietario, che risponde al nome di Andrés Iniesta, il 28enne fuoriclasse spagnolo del Barcellona e della squadra nazionale di calcio di Vicente Del Bosque. Dal 2010, il centrocampista blaugrana
si è lanciato nel mondo del vino coronando un sogno iniziato negli anni '90 con l'acquisto dei primi dieci ettari (anche se la famiglia Iniesta Lujan vanta esperienze nel settore fin dagli anni '70) e culminato nella costruzione della cantina. Negli attuali 120 ettari, sono coltivate diverse varietà autoctone, come Macabeo,
Bobal, Graciano, e vitigni internazionali, tra cui Chardonnay, Petit Verdot e Sauvignon Blanc. A curare le produzioni (oltre 300mila bottiglie annue)è il padre José Antonio, coadiuvato da un gruppo di esperti enologi, che oltre alla Corazon Loco hanno
creato la linea Finca el Carril, dedicata al territorio.
Per non essere da meno, citiamo che anche il nostro Andrea Pirlo, si è da poco cimentato nella viticoltura con la sua cantina Pratum Coller,rilevando nel 2007 una piccola azienda nel suo paese Coler in provincia di Brescia e che attualmente produce quattro tipologie di vini: il rosato Eōs, il bianco Nǐtǒr, e i rossi Rěděo e Arduo....... speriamo che almeno dopo la delusione degli europei questa gara possa essere vinta da noi italiani!
domenica 24 giugno 2012
LA TERZA GENERAZIONE DEL TAPPO
Comincia l'estate e con il gran caldo anche la raccolta della corteccia. L'Estremadura,
a quasi quattro ore a ovest di Madrid e a meno di mezz'ora dal Portogallo è una delle terre più ricche al mondo di querce da sughero. La temperatura in questi giorni è già di 35-36 gradi e l'attività è appena partita. L'economia della zona gira attorno al sughero e alla produzione di tappi. Ma dimentichiamoci i vecchi stabilimenti.
Qui, tecnologia e natura vanno a braccetto. Con l'obiettivo di sconfiggere
definitivamente il classico “odore di tappo” che fa dannare produttori, sommelier, clienti. Un problema che, coi sugheri naturali, riguarda mediamente quattro bottiglie su cento. Ora, a promettere sicurezza, neutralità sensoriale è un metodo "guardiano degli odori" brevettato da Diam Bouchage, azienda francese, quotata in Borsa, che rappresenta il 12% della produzione mondiale di tappi. La Diam ha brevettato un sistema
che elimina 140 molecole, compreso il tricloroanisolo, il famigerato TCA che causa
l'odore di tappo. Il tappo Diam, garantito con una polizza assicurativa, costa meno del monopezzo naturale, non è sintetico ma una agglomerazione hitech di granella di
sughero naturale, una sorta di terza via tra le opzioni sintetico e naturale. Come dice il direttore generale Dominique Tourneix ''Siamo come pasticceri con la materia prima che va al molino per la frantumazione e la vagliatura. Per passare poi alla cottura con tre ingredienti: granella di sughero purificata con Co2 supercritica (a metà tra lo stato liquido e gassoso) per eliminare il rischio di tappo, un legante (il poliuretano), e come lievito una piccola bollicina che si gonfia durante la cottura del tappo, rendendo la struttura molto omogenea, con proprietà meccaniche specifiche e un controllo della permeabilità, fattore utile per l'invecchiamento del vino”. “Cambia il modo di fare il vino” continua Tourneix “senza più compensazioni con la solforosa. Abbiamo l'esclusiva su un collante alimentare prodotto dalla Bostik, ma presto avremo collanti naturali, ricavati dal lino. E con gli scarti di lavorazione produrremo lo squalene, un antiossidante derivato dalla suberina, che sarà la crema di bellezza del futuro".La Diam Bouchage punta sul mercato dei vini di fascia medio-alta. L'Italia, grazie alla partnership con la Paolo Araldo di Calamandrana, Piemonte , rappresenta
il 20% della quota mercato per Diam che annovera tra i suoi clienti le aziende vinicole
Antinori, Cavit, Carpené Malvolti, Ruggeri, Ernste-Nuelte. Mentre la Francia è il principale mercato, con forniture alle maison di champagne Moet et Chandon,
Mumm e Perrier-Jouet.
mercoledì 20 giugno 2012
LA CINA SFIDA LE POTENZE DEL VINO
I vini cinesi sono all’altezza dei migliori vini del mondo? Non è una domanda retorica. Basta pensare che tra il 50° e 32° parallelo si trovano le principali aree vitivinicole del mondo: Bordeaux, Borgogna, Napa Valley, Langhe, Franciacorta,Chianti...e, spostandoci ad est, la Cina.
Se le coordinate geografiche non bastassero, si può sempre ricorrere ai numeri: 30 milioni di ettolitri di vino prodotti annualmente (poco meno della metà della produzione complessiva italiana) 1.500 grandi cantine e la più alta percentuale di vigneti impiantati negli ultimi anni.A completare il quadro ci sono gli enormi investimenti in macchinari, tecnologia, e soprattutto know-how enologico. Ed è su questo ultimo punto che bisogna riflettere. La tattica della Cina è quella di “imparare l'arte e metterla da parte”, grazie ad una strana alleanza con i francesi
che ha cambiato perfino il paesaggio cinese. Nel giro di pochi anni vigne e Chateaux si son fatti largo tra shikumen, villaggi rurali, stradine sterrate e terrazze di riso.
Il segreto di questo cambiamento si capisce subito: dietro ad ogni azienda
cinese del vino, pubblica o privata, c'è sempre un grande viticoltore francese.
Come l'enologo Gérard Colin, che da St. Emilion, nel cuore di Bordeaux, è
arrivato a Penglai, nel cuore dello Shandong, la più antica e ampia provincia
vitivincola cinese con un clima simile a quello bordolese, per dedicarsi al progetto
di realizzare uno Château Lafite-Rotschild grazie ad una joint venture
Baroni de Rotschild-Citc, la società di investimento, controllata dal governo
di Pechino. «Abbiamo rimosso 40mila tonnellate di pietre e ottenuto 30 ettari
di terreno e 9 mila chilometri di muretti in pietra, dodici ettari sono già
stati piantati a Cabernet Sauvignon, ma ci sono anche filari di Syrah, Cabernet
Franc, Merlot e Marselen”: insomma, tutti i vitigni base dei più famosi blend
francesi per un investimento iniziale di 100 milioni di yuan (circa 15 milioni
di dollari). La prima vendemmia nel 2014.Ma Monsieur Colin non è l'unico
enologo emigrato nello Shandong per diffondere l'arte del vino. Il suo connazionale
Michel Rolland, uno degli enologi più famosi al mondo, è stato assoldato come consulente da Cofco (il colosso pubblico dell'agroalimentare: dai cereali alle caramelle) impegnandolo a Chateau Junding, conosciuto anche come la Nava Valley cinese. Spostandoci nelle varie regioni vitivincole del Paese, la situazione non cambia poi molto: sventola bandiera francese anche nella provincia di Yunnan, in particolare a Dequin (molto più vicina a Vietnam e Thailandia che a Shangai)
dove Moet Hennessy ha creato la joint venture Shangri-la Winery, e anche
nella quotatissima regione autonoma Ningxia, alle pendici delle Helan
Mountains, dove la multinazionale francese Pernod Ricard è entrata in affari
con alcuni imprenditori locali per fondare Domaine Helan Mountain. Una precisazione: quando si parla di Chateaux o Domaines non si indicano semplici cantine, ma veri Disneyland del vino dove gli ospiti, oltre a bere il vino della maison, possono soggiornare, giocare a golf e visitare i vigneti. Il messaggio è chiaro: la Cina non vuole soltanto fare vino, ma vuole farne uno status symbol che evochi benessere e
arte da vivere. I francesi lo hanno capito benissimo e si stanno muovendo anche su questo terreno. Non è un caso se sono in aumento i centri commerciali che ospitano
al loro interno boutique, brasserie, café e bar a vino. Il prossimo aprirà a
Suzhou (89 km da Shangai) nel 2014. Ma i cugini francesi debbono fare attenzione:
quando non avranno più bisogno di loro i cinesi li scaricheranno. Ci sono centinaia di
neo-miliardari pronti a prenderne il posto. Come giudicare, per esempio, l'arrivo del primo vino Chardonnay cinese al Salon du vin di Parigi, organizzato dalla Revue du Vin de France, che ha aperto una redazione a Shangai. L'allievo che supera il maestro o una sfida portata direttamente in casa dei grandi dell'enologia mondiale? E noi italiani? Siamo bravi come i cugini francesi? Attualmente abbiamo il 6% del mercato
cinese del vino. Se oltre che bravi fossimo anche un Paese dinamico, il fenomeno potrebbe diventare un boom. Se poi sapessimo farci rispettare, ancora meglio.
Rischiamo, invece, il contropiede. Perchè i cinesi vendono in Italia il loro (poco, per ora) vino senza tante formalità e con i dazi minimi imposti dagli accordi del Wto
(World Trade Organization). Diversamente per vendere un container del nostro vino in Cina si deve sottostare a una trafila delirante, che nessuno contesta.
Le procedure per esportare sono estenuanti.... partono dagli oculati controlli di qualità e ai pesantissimi dazi finora applicati si aggiunge una burocrazia demenziale.Qualche esempio; ecco i documenti necessari per esportare in Cina:
1. Contratto di vendita o conferma d'ordine
2. Polizza di carico (bill of lading)
3. Certificato di origine rilasciato dalla CdC o laboratori accreditati
4. Avviso di spedizione (da spedizioniere importatore)
5. dichiarazione doganale di esportazione
6 n.5 originali della lista di carico (packing list)
7. n. 5 originali della fattura pro-forma
8. Originale del certificato sanitario
9. n. 5 originali della etichetta frontale e posteriore
10. un originale e una copia del certificato sanitario del
produttore e la sua traduzione in cinese
11. un originale e una copia del processo di produzione
del vino e la sua traduzione in cinese
12. Etichetta posteriore in cinese
Questa faccenda dell'etichetta posteriore cinese merita un approfondimento. Perchè va fatta come Confucio comanda. Il formato dell’etichetta non può avere un’altezza
inferiore ai 10 cm e una larghezza inferiore ai 7 cm. La dimensione dei caratteri cinesi non può essere inferiore ai 2mm. Le diciture “peso netto” e “nome del vino”
devono essere indicate in caratteri le cui dimensioni non possono essere inferiori ai 4 mm. Sull’etichetta deve essere stampato il codice a barre. Saltiamo le altre tre pagine di istruzioni per gli esportatori per ricordare che il Ciq (Chines Inspection and Quarantine) pratica severi controlli sanitari anche attraverso ispezioni a campione. I dazi che la Cina applica sul vino italiano sono stati ridotti dal 48 al 14%. Peccato che però vi si aggiunga un 27% di altre imposte.
giovedì 14 giugno 2012
MANCANZA DI VINO IN CALLIFORNIA
La domanda di vino californiano, negli Stati Uniti,ha visto una riduzione costante negli anni 2000,tanto che in California, dove si produce il 90% del vino americano, si è spesso deciso di riconvertire il vigneto ad altre coltivazioni. Una scelta che, nel lungo periodo, si è dimostrata ampiamente sbagliata. Oggi, come riporta il “Wall
Street Journal”, l’offerta non è in grado di soddisfare la domanda e, a fronte del rialzo dei prezzi, le importazioni sono quasi raddoppiate dal 2000, favorendo i vini italiani e australiani.
mercoledì 6 giugno 2012
IL RESOCONTO DI E-COMMERCE FORUM DI MILANO
Corre voce che Mark Zuckerberg sia pronto a fare un ultimo colpo alla vigilia dell’Ipo di Facebook. Nell’e-commerce. Gli analisti sono scettici, ma quel che è certo è che già oggi le recensioni e i commenti sui social network hanno un effetto determinante per le vendite online. In Italia su Facebook si discutono gli acquisti fatti, come in un’enorme piazza virtuale: il 63% dei navigatori partecipa ai gruppi di acquisto sui social network, il doppio del 32% dello stesso universo di utenti internet che effettivamente sono attivi nel comprare online.
Il social commerce è il trend che si va imponendo con più forza nel magmatico mondo delle vendite su internet. Le aziende si limitano spesso a usare i network in maniera poco integrata, come mera vetrina, ma le sperimentazioni si moltiplicano: dalle offerte esclusive agli incentivi per indurre gli amici all’acquisto, l’obiettivo è coinvolgere sempre più il consumatore.
In Italia l’e-commerce è entrato di prepotenza nell’Agenda digitale, forte di una crescita che non accenna a rallentare. Dopo un 2011 chiuso con un incremento dell’11% delle vendite a 8,1 miliardi di euro, le transazioni sono balzate del 19% nei primi tre mesi 2012, secondo l’Osservatorio CartaSi-Netcomm. Una performance che contrasta con la difficoltà con cui si dibatte il retail fisico. «Internet allarga l’offerta potenziale di mercato e provoca automaticamente un abbassamento dei prezzi», afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
«La crescita rimane dettata dal fattore-prezzo», gli fa eco Riccardo Mangiaracina, responsabile Osservatorio B2C del Politecnico di Milano. La possibilità di comparare i prezzi, la maggior scelta, le offerte imperdibili presenti solo sul web sono gli elementi decisivi per i consumatori, secondo il rapporto Contactlab che è stato presentato all‘e-Commerce Forum di Milano.
E come elementi abilitanti della scelta indicano la flessibilità dell’offerta, la varietà dei mezzi di pagamento, l’accessibilità (il 50% dice di acquistare in qualsiasi momento della giornata). Anche in mobilità, che è l’altro grande fenomeno (+120% le vendite da smartphone).Più recente è l’emersione del “subscription commerce”, la vendita su abbonamento di box di campioni che si va diffondendo soprattutto nella cosmetica.
Restano comunque diffuse le diffidenze. Molti ritengono fondamentale l’esperienza fisica nell’acquisto, mentre resistono i timori per la sicurezza dei pagamenti. Proprio per superare questo scoglio Netcomm ha messo a punto un nuovo strumento, accanto a carta di credito e sistemi ad hoc come PayPal: l’home banking. Da giugno sarà possibile trovare sui siti di e-commerce anche il pulsante “My Bank”, per pagare direttamente dal proprio conto bancario online.
Inevitabilmente l’Italia denuncia ritardi, condizionati dalle infrastrutture, ma anche di familiarità con il web: anche tra i più giovani (16-24 anni) il tasso di penetrazione di internet è dell’81%, 10 punti in meno della media Ue. Così solo il 15% degli italiani acquista online (43% la media Ue), e solo il 5% delle aziende utilizza l’e-commerce (15% Ue). Per questo Netcomm propone, tra l’altro, una detassazione per le imprese sui ricavi da e-commerce B2B internazionale e un’Iva ridotta al 10% per il B2C.
Per le aziende è una sfida carica di opportunità, ma non semplice: nuovi mercati che si aprono e costi operativi ridotti, anche se a scapito dei margini. Le pmi non devono quindi fare il passo più lungo della gamba, partendo con le piattaforme già pronte per i negozi online. Ma anche riscoprendo quella capacità di fare sistema che è stata alla base dei distretti industriali. È tutto il sistema Italia chiamato a giocare la sua partita: già oggi le vendite estere online sono una delle voci più dinamiche (+32% nel 2011). Liscia fa la sua proposta: «Un Ice digitale per promovere e rendere visibili in rete i prodotti italiani attraverso un’indicizzazione sui motori di ricerca e una guida contribuita dalle aziende che dia vita a un social network».
ITALIAN STYLE PER ZUCKERBERG
Il wine & food italiano colpisce ancora: la lista delle star che coltivano un vero e proprio culto per il made in Italy a tavola si arricchisce di un nuovo spasimante,Mark Zuckerberg, il padre di Facebook e novello ultramiliardario, che ha scelto Roma per festeggiare adeguatamente il suo matrimonio con Priscilla Chen. Al “Pierluigi”, storico ristorante di Campo de’Fiori, i “piccioncini” hanno scelto un menu assolutamente vegetariano: tagliolini ai fiori di zucca,carciofi alla romana, mozzarella di bufala Dop, tutto innaffiato da una bottiglia di Fiano di Avellino.Modesto lo Zuckerberg!
mercoledì 30 maggio 2012
VINI NEL MONDO 2012 - SPOLETO
I PODERI CAPECCI SAN SAVINO saranno presenti nei giorni 1-2-3 Giugno alla manifestazione VINI NEL MONDO di Spoleto. Più precisamente saremo ospiti di VITIS VINIFERA al TEATRO DELLE SEI ( sotto al Duomo )e Vi aspettiamo numerosi per degustare i nostri vini! Maggiori informazioni su http://www.vinoforum.net/
VINOFORUM 2012 ROMA
I PODERI CAPECCI SAN SAVINO saranno presente dall’1 al 16 Giugno alla manifestazione VINOFORUM di Roma. Più precisamente saremo presenti con i nostri vini dall’1 all’8 Giugno presso lo spazio espositivo della DALI’ RAPPRESENTANZE, mentre i vini Collemura Rosso Piceno 2011 e Tufilla 2011 saranno disponibili in degustazione per tutta la durata dell’evento presso lo spazio espositivo del CONSORZIO PICENOS. Vi aspettiamo numerosi ! Maggiori informazioni su http://www.vinoforum.net/
domenica 27 maggio 2012
DECANTER WORLD WINE AWARDS 2012
Sono anche quest'anno 31 le medaglie d’oro, con il Veneto che domina, seguito da Toscana, Sicilia e Friuli Venezia Giulia con 5, Lazio e Valle d’Aosta con 2, ed una a testa da Trentino, Marche ed Emilia Romagna: ecco l’Italia migliore secondo “Decanter World Wine Awards” 2012, con i riconoscimenti della celebre rivista inglese. Godiamoceli tutti:
Cantina Colli del Soligo Solicum Cuvée Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Superiore
Cantina Valpantena Torre del Falasco 2008 Amarone della Valpolicella
Caparzo 2007 Brunello di Montalcino
Casale del Giglio Aphrodisium 2011 Lazio
Castello di Cacchiano 2008 Chianti Classico
Castello di Rubbia Terrano 2008
Cavazza Cicogna Syrah 2009
Cavit Bottega Vinai Lagrein Dunkel 2009
Corte Rugolin Monte Danieli 2007 Amarone della Valpolicella Classico
Fantinel Vigneti Sant’Helena Friulano 2010
Fazio Pietra Sacra 2006
Garofoli La Selezione Gioacchino Garofoli Classico Riserva 2006 Verdicchio dei Castelli di Jesi
Gruppo Cevico Galassi Sangiovese 2011 Rubicone
La Collina dei Ciliegi L’amarone 2008 Amarone della Valpolicella
Les Crêtes 2008
Les Cretes Fumin 2008
Lis Neris Tal Lùc 2008
Masi Campolongo di Torbe 2006 Amarone della Valpolicella Classico
Mastrojanni Vigna Loreto 2007 Brunello di Montalcino
Musìta Syrah 2010
Nicosia Fondo Filara Nerello Mascalese 2009
Palazzo Maffei 2009 Amarone della Valpolicella
Palazzo Maffei Conte di Valle 2006 Amarone della Valpolicella
Perusini Ronchi di Gramogliano 2008 Colli Orientali del Friuli
Pianadeicieli Nero d’Avola 2009
Principe Pallavicini Rubillo Cesanese 2011
Taler Media 2010 Valpolicella Superiore Ripasso
Talosa Riserva 2007 Vino Nobile di Montepulciano
Tenuta Ca’ Bolani Refosco 2010 Friuli Aquileia
Tenuta di Sesta 2007 Brunello di Montalcino
EROS DI VINIO
“Il vino nella storia ha avuto una valenza culturale e sociale immensa, e l’Italia, protagonista già prima dell’Antica Roma, ha il dovere di valorizzarla, di scrivere tanti “romanzi storici” di cui il vino è protagonista”. A dirlo il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano da “Wine & Ruin”, il simposio di vino e storia del Norwegian Institute di Roma, in questi giorni nella
capitale, focalizzato sull’importanza dell’Impero Romano per il valore del vino di oggi. Testimonianze dirette arrivano da diverse cantine: quella siciliana Planeta, oggi impegnata nel recupero del Mamertino, vino nel cuore di Giulio Cesare, a Capo Milazzo, a quella di Feudi di San Gregorio per un excursus storico della viticoltura in Campania, fino a quella di Giovanni Negri, autore di “Roma Caput Vini”, che ha raccontato come l’Impero Romano, con le sue conquiste, abbia avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della viticoltura in Europa. E poi tanti storici e archeologi che hanno raccontato usi e costumi, tra alimentazione, religione ed eros, del nattare di Bacco nell’Antica Roma. Un esempio emblematico è questo affresco ritrovato negli scavi di Pompei.
lunedì 21 maggio 2012
L'EVOLUZIONE DEL MERCATO RUSSO
Data la diminuzione delle barriere doganali in seguito all'adesione della Russia al Wto, si dovrebbe presupporre che l'import di vino italiano e non diventasse più semplice, ma in Russia le cose seguono sempre una logica diversa. Proviamo a spiegare: il 1° luglio prossimo è il termine stabilito dalla nuova legge che prevede l’obbligatorietà del rinnovo delle licenze di produzione degli
alcoolici. Data la quantità di compliance burocratiche,si ritiene che la conseguenza sarà una drastica riduzione delle aziende del settore. Da notare che fra le clausole contenute nella legge, c'è la nuova definizione del concetto "vino". In particolare tutti i prodotti fabbricati con l'aggiunta di mosti concentrati (80% dei vini russi), non saranno più chiamati “vino”, ma “bevande vinose”.
E fin qui cambia poco, ma questa categoria riguarda, fra gli altri, anche gli spumanti, semidolci o semisecchi, amatissimi dai russi.Mentre i distillatori russi sono occupati a riottenere queste licenze, in teoria dovrebbero aumentare le importazioni di
vini, anche grazie alla “sparizione” delle barriere doganali dopo l'ingresso del Wto. E infatti si prevede che nei prossimi quattro anni il paese abbasserà gradualmente i dazi d'importazione sui vini dal 20 al 12,5%. Allora il vino importato costerà di meno? Non è detto: secondo gli esperti, l'abbassamento del dazio non comporterà la diminuzione dei prezzi dei vini di qualità, per
almeno due motivi:
1) la percentuale del dazio nel prezzo non incide oltre il 2%. Il prezzo per il consumatore dipende molto di più dai ricarichi applicati alla vendita al dettaglio, che si stima intorno al 40-50%, mentre nei ristoranti arriva mediamente al 300%;
2)una legge federale approvata lo scorso novembre aumenterà l'imposta indiretta sui consumi degli alcolici, che per i vini “naturali” inciderà fino a 8 rubli/litro (circa 0,20 euro). Per i vini spumanti la stessa imposta raggiungera’ i 25 rubli/
litro (circa 0,64 euro)
lunedì 14 maggio 2012
WINE DISCOVERY
Il Canada scopre il vino italiano. E lo fa con un film dedicato all'enologia italiano diretto dal regista Jim Fitzpatrick. Si chiama Discover Italy ed è una produzione italo canadese promossa da Liquor Control Board of Ontario (LCBO, il monopolio
della provincia dell’Ontario che da anni realizza documentari dedicati all’agroalimentare nel mondo), l'Istituto Grandi Marchi di Piero Antinori e Iem. Un tour enologico che sbarcherà presto in edicole, librerie e oltre 600 store del Canada in Dvd. Anzi in tre dvd di 25 minuti ciascuno per raccontare i vini del Nord, del Centro e del Sud Italia.“E' un esempio di networking per far crescere
il sistema Paese sui mercati internazionali”,spiega Giancarlo Voglino, managing director di Iem. “Oltre agli accordi commerciali servono nuove azioni in grado di trasformare l’esclusività della storia italiana in strumenti di promozione del nostro vino”, gli fa eco Piero Antinori. La voce narrante è il direttore di ricerca e sviluppo LCBO, Michaele Fagan che incontra alcuni tra i maggiori produttori italiani. A partire dalla Sicilia dove tra mare, sole e templi greci fa capolino il Nero d’avola di Alberto Tasca d’Almerita e quello di Josè Rallo. In Campania è Piero Mastroberardino a fare gli onori di casa con Aglianico e Greco di Tufo; in Puglia, invece, tocca a Sebastiano De Corato (azienda Rivera) con Nero di Troia e Primitivo. Il secondo film racconta l’Italia centrale: dalle Marche del Verdicchio e del Rosso Conero presentati da Michele Bernetti (Umani Ronchi) all'Umbria del
Sagrantino di Montefalco e del Rosso Torgiano proposti da Chiara Lungarotti.In Toscana protagonisti sono il Brunello di Montalcino (con visita alla famiglia Biondi Santi), il Chianti Classico, il Nobile di Montepulciano e i Supertuscan di Folonari e Antinori.
Infine le “cartoline” del Nord Italia: dalle gondole veneziane alle boutique milanesi passando per i vigneti veneti di
“mister Amarone”(Sandro Boscaini di Masi Agricola), Severino Barzan della Bottega del Vino e Antonio Motteran della Carpenè Malvolti.In Friuli è la volta dello Chardonnay di Michele Jermann, in Sudtirolo è Lageder a svelare i segreti di Pinot Grigio, Riesling e Gewürztraminer, mentre l’incontro con le bollicine di Franciacorta è affidato a Maurizio Zanella di Ca’ del
Bosco. In Piemonte si va alla scoperta di Barolo e tartufi insieme Cesare Benvenuto (Cantina Pio Cesare) e Michele Chiarlo.
Ed è qui che si si conclude questo giro d'Italia per immagini o, per dirla con il conduttore Fagan, questo viaggio “emozionale e motivazionale per colmare la sete di conoscenza del consumatore canadese” che, nel 2011, ha bevuto vino italiano per 294milioni di euro. Ora mi domando: ma i produttori piceni e i loro rappresentanti dove stavano?
IL CONSUMO DI VINO IN ITALIA
Gaja, Antinori e Arnaldo Caprai le cantine più stimate dagli Italiani, che tra le migliori Regioni vinicole mettono il Piemonte (20%), la Toscana (16%) e il Veneto (10%), e giudicano come miglior vino italiano il Brunello di Montalcino, seguito da Barolo, Chianti, Nobile di Montepulciano, Verdicchio e Amarone. A dirlo una ricerca del prof. Gabriele Micozzi, docente di Marketing all’Università politecnica delle Marche, condotta su 1.466 persone di tutta Italia “over 18. Il consumatore tipo che, pur senza essere ad ogni costo appassionato, si informa ed è disposto a spendere per bere bene: se il 39,6% è disposto a pagare fino a 10 euro per una bottiglia, c’è anche un buon 45% disposto a spendere da 11 a 35 euro, l’8% da 36 a 50 euro, e infine il 5% oltre i 50.
E che il vino sia un piccolo lusso che ci si può permettere anche in tempi di crisi lo confermano anche le indicazioni di quel 47,7% che sta riducendone i consumi: solo il 9% lo fa per motivi economici. Per il 40%, infatti, è un calo dovuto ad abitudini, mode e gusti che cambiano, per il 26% alla paura di perdere la patente, e per il 25% a causa di diete e stili alimentari. Ma quanto e quando bevono, gli italiani? Il 22% ogni giorno, il 40% 2-3 volte alla settimana, e il 21% solo una volta ogni sette giorni. Vino che si beve soprattutto a cena, nel 48% dei casi, anche se c’è un 36% di italiani che si concede un bicchiere sia a
pranzo che alla sera, e un 16% che ne fa il protagonista dell’aperitivo. 1 italiano su 4 effettua l'acquisto del vino una volta alla settimana: il 48% lo compra al supermercato, il 24% in cantina, e solo il 5% in enoteca. E se 8 persone su 10 amano cambiare vino, i migliori criteri di scelta sono il rapporto qualità/prezzo, il territorio d’origine, le caratteristiche gustative e le storie legate ad un vino; seguono vitigno, brand, packaging, tipologia, premi e gradazione alcolica, alla quale, però, è attento il
51% dei bevitori.
domenica 6 maggio 2012
ULTIME NOVITA' DAL MERCATO CINESE
Solo cinque anni fa era al ventesimo posto tra i paesi importatori di vino. Oggi è nella lista dei primi cinque “big spender”. La Cina, emerge da un’analisi Ismea, ha speso per le importazioni di vino, nel 2011, oltre un miliardo di euro, piazzandosi dietro Usa, Regno Unito, Germania e Canada. Una domanda, quella di Pechino, che cresce a ritmi esponenziali, come si evince dall’incremento del 72% in valore nel 2011, e che in un solo anno ha fatto guadagnare alla Cina ben quattro posizioni nella classifica mondiale dei paesi importatori, portandola davanti a Giappone, Belgio, Svizzera e Paesi Bassi. A beneficiarne è stata soprattutto la Francia, che ha raggiunto lo scorso anno una quota di mercato in valore superiore al 50% dell’import vinicolo del Dragone, grazie a un export quasi raddoppiato, in termini monetari, rispetto al 2010. Dietro al paese d’Oltralpe si posizionano Australia e Cile, con quote del 15% e del 7,2%. Seguono Spagna e Italia rispettivamente al 6,9% e al 6,5%, i cui fatturati sono quasi raddoppiati, l’anno scorso, oltre la Grande Muraglia. A questi ritmi di crescita - spiega l’Ismea - la Cina, che ha espresso finora solo parte del suo potenziale interno, potrebbe in breve avvicinarsi ai due principali importatori di vino, rappresentati da Usa e Regno Unito. Paesi che nel 2011 hanno acquistato dall’estero prodotti vinicoli per quasi 3 miliardi e mezzo di euro ciascuno, su un valore globale delle importazioni di vini di 22,7 miliardi di euro (+10,9% rispetto al 2010).
I GIOVANI E I SOCIAL NETWORK
Un blog è uno strumento di comunicazione strategico per una campagna di sensibilizzazione al bere consapevole, uno spazio di confronto, di divulgazione e di condivisione dedicato ai temi connessi al rapporto tra le nuove generazioni e il vino e accanto ad esso l’uso dei social network. A supporto di ciò è nato “Vino e Giovani”, il progetto finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e realizzato da Enoteca Italiana, che parla ai ragazzi e non solo, affrontando le tematiche legate ad uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy. “Con il blog e con la pagina Facebook di “Vino e Giovani” abbiamo voluto rafforzare il contatto con il mondo giovanile ed essere “always on” nella rete per veicolare la nostra filosofia ai ragazzi, quella del bere sano e consapevole. – spiega Fabio Carlesi, direttore di Enoteca Italiana – Brevità, velocità e immediatezza del messaggio, diventano le peculiarità della comunicazione del vino. Oggi più che mai se si desidera far passare un’idea non si può prescindere dall’uso specifico dei blog e dei social network. Utilizzare gli strumenti più vicini ai ragazzi per aiutarli a riconoscere ciò che è buono, sano e di qualità è – continua Carlesi - la via maestra per rapportarsi con loro, per indirizzarli al bere consapevole e responsabile”.
PARLIAMO DI LIEVITI
I lieviti non sono solamente responsabili della fermentazione del mosto e della sua trasformazione in vino ma condizionano fortemente anche le sue qualità organolettiche.Durante la fermentazione, essi non si limitano unicamente a trasformare gli zuccheri del mosto in alcol etilico e altre sostanze (anidride carbonica, anidride solforosa ecc.) ma, come conseguenza della loro attività conferiscono al vino anche qualità organolettiche “secondarie”, tali da modificarne gli aspetti olfattivi e gustativi. Sembra però che l’impatto del lievito sul profilo sensoriale del vino è infatti molto forte e dominante subito dopo il termine della fermentazione e durante i primi anni di vita del vino, poi si attenua progressivamente col trascorrere del tempo.I lieviti si trovano naturalmente sulla superficie delle piante e nell’aria, trasportati dal vento e dagli insetti, pertanto le varie specie, anche se definite indigene o autoctone, sono in realtà in continuo cambiamento. Tuttavia in un vigneto si viene a creare un “ecosistema” nel quale saranno comunque presenti diversi tipi di lieviti, alcuni utili e positivi ai fini della fermentazione alcolica, altri meno importanti e marginali, se non addirittura dannosi.Con lo scopo di migliorare la qualità dei vini si è sentita quindi la necessità di elevare la qualità microbiologica del mosto, cioè di selezionare, di favorire la presenza di alcune specie di lieviti a scapito di altre. Si sono ottenute colture selezionate che ben presto hanno incontrato il favore dei produttori, sia per il migliore controllo sulla fermentazione che queste assicuravano, sia per le superiori qualità oragnolettiche che si potevano ottenere.Sono stati selezionati lieviti in grado di fermentare bene sia a basse che ad elevate temperature e/o in presenza di elevata gradazione alcolica, in grado di fermentare senza produrre schiume ecc., ma anche lieviti capaci di conferire determinati profumi e aromi, soprattutto di tipo floreale e di fruttato. L’impiego del lievito selezionato, producendo anche un risultato organolettico tipico e specifico, porta però all’inevitabile omologazione delle qualità sensoriali dei vini. In altre parole, un vino prodotto con lieviti selezionati è spesso facilmente riconoscibile poiché le sue caratteristiche aromatiche sono comuni a tutti i vini che li utilizzano, aromi e sapori omologati e replicabili ovunque. Diversi enologi sostengono che con l'uso dei lieviti selezionati sia possibile stabilire a priori le caratteristiche organolettiche del vino, alterando in questo modo l'influsso delle qualità tipiche del territorio. Ma perché non applicare tale tecnica ai lieviti autoctoni di ciascuna zona, almeno di quelle enologicamente più importanti? Sembra che a questo proposito sia in Italia (Montalcino) sia all’estero qualche passo in tale direzione sia già stato fatto. La selezione dei leviti autoctoni risulterebbe profondamente rispettosa dell’ambiente nel vero senso del termine, infatti un dato ambiente è unico e irripetibile anche in virtù dei microrganismi che in esso vivono.
L'obiettivo dovrà essere quello che nei laboratori si diffonda anche la pratica di utilizzare le varie specie selezionate per ottenere un loro DNA ricombinante, cioè una nuova cellula che contenga i caratteri di un dato ceppo autoctono selezionato per alcune qualità e che contenga anche alcuni caratteri migliorativi di un altro ceppo autoctono. La selezione in laboratorio, fino a pochi anni fa, seguiva solamente criteri soprattutto fisiologici e morfologici. Oggi che si conoscono i 18 cromosomi del lievito (circa 6.000 geni) e si ha un’ottima padronanza delle biotecnologie e in particolare dei metodi di trasferimento di geni tra cellule, non sarebbe difficile applicare tali nuove tecniche anche su larga scala.
venerdì 20 aprile 2012
NOVITA' SUL VINO BIOLOGICO
A leggere la documentazione che Il Corriere Vinicolo pubblica sul numero del 9 aprile a proposito della nuova normativa per il vino biologico verrebbe subito da dire: No, grazie. Francamente ci eravamo fatti un’idea migliore di quel che poteva essere ed esprimere il concetto di Bio. E dire che non siamo mai stati particolarmente ottimisti o creduloni in materia, ma quel che la Comunità Europea ha partorito ci sembra davvero una presa in giro. Una patacca buona solo per creare illusione nel consumatore ma nessun beneficio né per la sua salute né per quella dell’ambiente.
Le pratiche enologiche autorizzate e le sostanze chimiche permesse da questo regolamento sono praticamente le stesse che vengono impiegate in quella enologia correttiva e pasticciona che pensavamo il mondo biologico volesse contrastare, proponendosi come sua sostanziale alternativa. Che ci fanno l’alginato di potassio, il fosfato di ammonio, il dicloridrato di tiamina in un vino biologico? E la resina di Aleppo e la gomma d’acacia (volgarmente detta gomma arabica) non erano usate dall’enologia tradizionale per barare, per far sembrare ciò che non era? E che ci fanno queste sostanze nel vino biologico? E che dire poi dei pezzi di legno di quercia, veri e propri aromatizzanti del vino, anche loro biologici?
Ma poi arriviamo all’argomento che a tutti stava molto a cuore, ovvero il capitolo dell’anidride solforosa. Era qui che ci si aspettavano provvedimenti esemplari e fortemente discriminanti dall’enologia tradizionale: sappiamo bene che chi lavora in condizioni igieniche ottimali, con uve sane e attrezzature pulite può arrivare in bottiglia con 60-90 milligrammi di anidride solforosa per litro: 60 per i vini rossi e 90 per quelli rosa o bianchi; ma sappiamo altrettanto bene che ci sono aziende che riescono a stare ampiamente sotto questi tenori. E il disciplinare del vino biologico che ti fa? Ti consente 100 milligrammi per i vini rossi e 150 per quelli bianchi e rosa, che sono quote più basse del 25% da quelle tradizionali e che forse verranno raggiunte dall’enologia di tipo industriale, ma non sufficienti a differenziarsi positivamente dalle aziende agricole che normalmente lavorano con perizia, igiene e responsabilità.
ANDAMENTO DELLE ESPORTAZIONI
Gli ultimi dati dell'Istat parlano di un rallentamento dell'export nei primi mesi di quest'anno anche se nel 2011 è stato un trionfo per le esportazioni. In tempi in cui vendere all'estero è tutto,la quota estera del fatturato è importante.
Ecco le aziende con la quota più alta e a seguire quelle che hanno venduto di meno:
BOTTER CARLO & c.98,5%
FRATELLI MARTINI 93%
MASI AGRICOLA 91%
FARNESE VINI 90%
RUFFINO 87%
BARONE RICASOLI 83,5%
UMBERTO CESARI 83%
ALLEGRINI 825
GRUPPO LA-VIS 81%
GESTIONE PICCINI 81%
CANTINE VI.VO. 3%
GUIDO BERLUCCHI 3,4%
GOTTO D'ORO 5%
UMANI RONCHI 7,5%
CANTINE FERRARI 11%
CEVICO 13%
TERRA MORETTI 14%
CHIARLI 1860 15%
MASTROBERARDINO 17%
CAVIRO 19%
martedì 17 aprile 2012
VINO & SOCIAL NETWORK
Si fa presto a dire “vino & social network”, ma poi, in concreto, quali sono le cantine davvero seguite dagli appassionati su internet? Difficile dirlo, perché cercando su Facebook,bisogna districarsi in una selva di pagine ufficiali delle cantine, fans page create da semplici appassionati (che talvolta si dedicano anche ad un solo prodotto piuttosto che alla cantina in generale), e profili di ogni genere. Qualcuno ci ha provato e sicuramente con qualche possibilità di errore ha cercato di tracciare una sorta di “borsino” delle realtà vinicole italiane più seguite e attive su Facebook. Io mi sono divertito a verificare e ho verificato che, al di là di grandi gruppi come Cavit, che nella sua pagina conta più di 80.000 “mi piace”, o di marchi nell’orbita di multinazionali come Asti Cinzano del gruppo Campari, che supera i 221.000, o Gancia, a quota 118.000, la cantina che cura direttamente la propria comunicazione su Facebook più seguita d’Italia è la
siciliana Planeta, con più di 32.000 “mi piace”. Numeri distanti, certo, da colossi come “Yellow Tail” in Australia che conta 360.000 appassionati su Facebook, ma ben superiori a nomi come Robert Mondavi Winery, Domaine de la Romanée Conti, Chateau d’Yquem o Penfolds, per citarne alcuni. Ma tornando alle cantine italiane, tra le più gettonate anche la griffe trentina Ferrari, che conta 21.000 “mi piace”, il marchio veneto Santa Margherita, che supera i 17.000, la cantina irpina Feudi di San Gregorio,a quota 12.000, e il gruppo Zonin, oltre 10.000. Nel gruppo dei più seguiti, con seguaci che vanno da qualche centinaio a 7-8.000 “mi piace”, ci sono anche tanti nomi conosciuti come Cà del Bosco,Antinori, Frescobaldi, Argiolas, Banfi, Venica & Venica, Donnafugata, Cantine Settesoli, Lungarotti,Bisol, Mezzacorona, Col d’Orcia, Avignonesi, Cottanera, Fratelli Muratori, Giordano Vini, Carpenè Malvolti, Carpineto, Tosti e Cottanera. Il messaggio è chiaro: il
vino italiano deve lavorare e credere anche nei social network, perché il futuro passa anche da lì.
siciliana Planeta, con più di 32.000 “mi piace”. Numeri distanti, certo, da colossi come “Yellow Tail” in Australia che conta 360.000 appassionati su Facebook, ma ben superiori a nomi come Robert Mondavi Winery, Domaine de la Romanée Conti, Chateau d’Yquem o Penfolds, per citarne alcuni. Ma tornando alle cantine italiane, tra le più gettonate anche la griffe trentina Ferrari, che conta 21.000 “mi piace”, il marchio veneto Santa Margherita, che supera i 17.000, la cantina irpina Feudi di San Gregorio,a quota 12.000, e il gruppo Zonin, oltre 10.000. Nel gruppo dei più seguiti, con seguaci che vanno da qualche centinaio a 7-8.000 “mi piace”, ci sono anche tanti nomi conosciuti come Cà del Bosco,Antinori, Frescobaldi, Argiolas, Banfi, Venica & Venica, Donnafugata, Cantine Settesoli, Lungarotti,Bisol, Mezzacorona, Col d’Orcia, Avignonesi, Cottanera, Fratelli Muratori, Giordano Vini, Carpenè Malvolti, Carpineto, Tosti e Cottanera. Il messaggio è chiaro: il
vino italiano deve lavorare e credere anche nei social network, perché il futuro passa anche da lì.
giovedì 5 aprile 2012
LA CROCIATA DELLE ENOTECHE MILANESI
Da un lato c’è la grande distribuzione che, forte di grandi numeri, della capillare presenza in tutta Italia e della varietà d’offerta, ormai, vende più del 60% del vino nel Belpaese; dall’altro c’è la moda dell’acquisto diretto in cantina, provata, secondo Coldiretti, da 7 italiani su 10 almeno una volta nel 2011, tra voglia di risparmio e di contatto diretto con il produttore. E così l’enoteca, storico “tempio”
dei cultori di Bacco, rischia di perdere la sua importanza, il suo ruolo e il suo business. Ma da Milano,capitale economica del Paese, è partita una “crociata” per salvarla, con una sorta di patto proposto ai produttori dalle più importanti enoteche della città: da Cantine Isola a Cantina di Manuela, da Cotti a
De Ponti, da De Toma a Diapason, da El Vinatt Renè a Eno Club Milano, da Guerini a Iemmallo, da La Bottega dell’Arte del Vino a La Botticella, da N’Ombra de Vin a Radrizzani, da Ronchi a Vino al Vino,fino a VinoVino. Una lettera in cui gli enotecari rivendicano il ruolo del proprio lavoro, spinto soprattutto dalla passione, ma in cui chiedono uno sforzo ai produttori, per rimediare a quella perdita
di “correttezza commerciale, coerenza ed etica professionale” dovuta alla confusione nata come “effetto indesiderato” del “velocizzarsi della comunicazione e il diffondersi dell’interesse per il turismo enogastronomico, che pur hanno favorito il diffondersi della cultura del vino. Il fatto che la stessa bottiglia possa essere acquistata a prezzi che escano da una forbice accettabile di minimo e massimo,
crea confusione nel consumatore, svilisce il prodotto e, di conseguenza, il produttore. E l’immagine professionale di chi gliela ha venduta. Se un prodotto è importante deve esserlo ovunque, e a tutti deve essere chiaro che quella bottiglia è di un certo valore. Se la si trova a un prezzo troppo basso il consumatore non sa se ha comprato una bottiglia di qualità o se è stato ingannato per tanto tempo.
Non è bello guardare sempre l’erba del vicino, ma a Bordeaux ed in California, il produttore accoglie l’enoturismo con entusiasmo e, allo stesso modo, garantisce la professionalità dell’enotecario e del commerciante vendendo agli stessi prezzi”. Sarà possibile ritrovare la giusta misura sul mercato italiano?
dei cultori di Bacco, rischia di perdere la sua importanza, il suo ruolo e il suo business. Ma da Milano,capitale economica del Paese, è partita una “crociata” per salvarla, con una sorta di patto proposto ai produttori dalle più importanti enoteche della città: da Cantine Isola a Cantina di Manuela, da Cotti a
De Ponti, da De Toma a Diapason, da El Vinatt Renè a Eno Club Milano, da Guerini a Iemmallo, da La Bottega dell’Arte del Vino a La Botticella, da N’Ombra de Vin a Radrizzani, da Ronchi a Vino al Vino,fino a VinoVino. Una lettera in cui gli enotecari rivendicano il ruolo del proprio lavoro, spinto soprattutto dalla passione, ma in cui chiedono uno sforzo ai produttori, per rimediare a quella perdita
di “correttezza commerciale, coerenza ed etica professionale” dovuta alla confusione nata come “effetto indesiderato” del “velocizzarsi della comunicazione e il diffondersi dell’interesse per il turismo enogastronomico, che pur hanno favorito il diffondersi della cultura del vino. Il fatto che la stessa bottiglia possa essere acquistata a prezzi che escano da una forbice accettabile di minimo e massimo,
crea confusione nel consumatore, svilisce il prodotto e, di conseguenza, il produttore. E l’immagine professionale di chi gliela ha venduta. Se un prodotto è importante deve esserlo ovunque, e a tutti deve essere chiaro che quella bottiglia è di un certo valore. Se la si trova a un prezzo troppo basso il consumatore non sa se ha comprato una bottiglia di qualità o se è stato ingannato per tanto tempo.
Non è bello guardare sempre l’erba del vicino, ma a Bordeaux ed in California, il produttore accoglie l’enoturismo con entusiasmo e, allo stesso modo, garantisce la professionalità dell’enotecario e del commerciante vendendo agli stessi prezzi”. Sarà possibile ritrovare la giusta misura sul mercato italiano?
mercoledì 28 marzo 2012
I NUOVI SCENARI DEL MERCATO MONDIALE
Cambia il mondo, sempre più rapidamente, e cambiano anche i trend dei consumi di vino, tanto che nell’arco di 15 anni (dal 1995 al 2010) la “mappa” dei consumi è completamente rivoluzionata: se l’Europa beveva il 72,1% del vino prodotto in tutto il mondo, oggi la quota del Vecchio Continente è scesa al 64,9%, mentre l’Asia, che consumava solo il 4,2% del totale, oggi “pesa” per il 7,9%,raddoppiando la propria quota. Crescono anche il Continente Americano, (dal 19,4% al 21,6%) e l’Oceania (dall’1,6% al 2,7%), mentre restano stabili i consumi in Africa (dal 2,6% al 2,9%). In Europa, a fronte del netto calo dei consumi nei Paesi storicamente produttori (Italia, Francia e Spagna), c’è da registrare l’exploit del Regno Unito, che ha quasi doppiato, tra il 1991 ed il 2010, i propri consumi, e della Germania, in crescita costante. Il futuro, però, passa per le due più grandi economie del mondo,
Stati Uniti e Cina: Paesi estremamente diversi, in cui i consumi continuano a salire, ed i margini di crescita per i vini italiani sono ancora ampi. Negli Stati Uniti, diventati uno dei primi produttori del mondo, le vendite di vino sono cresciute in volume ad un tasso medio annuo del 2%, un incremento fatto registrare grazie alle vendite di vini spumanti e frizzanti (+3,4%, escludendo lo Champagne) e vini rossi fermi (+2,9%). Un ritmo di crescita che, secondo gli esperti, durerà
almeno fino al 2016, con aumenti più sostenuti per i vini fermi, anche grazie all’ingresso di nuovi consumatori nel mercato, perlopiù giovani, che tendono a spostarsi dal consumo di birra a quello di vino. La Cina, diversamente dagli Usa, tra il 2006 ed il 2011 ha conosciuto un vero e proprio boom dei consumi, cresciuti mediamente del 12% all’anno, trainati dallo Champagne (+15%) e dai vini rossi fermi
(+26%), un trend che proseguirà fino al 2016.
Stati Uniti e Cina: Paesi estremamente diversi, in cui i consumi continuano a salire, ed i margini di crescita per i vini italiani sono ancora ampi. Negli Stati Uniti, diventati uno dei primi produttori del mondo, le vendite di vino sono cresciute in volume ad un tasso medio annuo del 2%, un incremento fatto registrare grazie alle vendite di vini spumanti e frizzanti (+3,4%, escludendo lo Champagne) e vini rossi fermi (+2,9%). Un ritmo di crescita che, secondo gli esperti, durerà
almeno fino al 2016, con aumenti più sostenuti per i vini fermi, anche grazie all’ingresso di nuovi consumatori nel mercato, perlopiù giovani, che tendono a spostarsi dal consumo di birra a quello di vino. La Cina, diversamente dagli Usa, tra il 2006 ed il 2011 ha conosciuto un vero e proprio boom dei consumi, cresciuti mediamente del 12% all’anno, trainati dallo Champagne (+15%) e dai vini rossi fermi
(+26%), un trend che proseguirà fino al 2016.
martedì 27 marzo 2012
IL VINO AL SUPERMARKET
venerdì 16 marzo 2012
IL VINO TRAPPISTA DELLE SUORE DI CLAUSURA
Quando si parla di bere “trappista”, di solito, si pensa alle birre prodotte dai monaci. Ma ora arriva anche il vino prodotto dalle suore di clausura del Monastero Trappiste di Vitorchiano (Viterbo), e che debutterà a “ViniVeri 2012 - Vini secondo natura”, di scena dal 24 al 26 marzo a Cerea (Verona). Una curiosità che profuma di storia, visto che fin dall’antichità il vino e la vite sono presenti come tesori
preziosi, per il nutrimento e la liturgia, nei più importanti monasteri d’Europa. E anche la ferrea “regola” di San Benedetto da Norcia, prevedeva 1/4 di litro di vino al giorno per ciascun monaco.
preziosi, per il nutrimento e la liturgia, nei più importanti monasteri d’Europa. E anche la ferrea “regola” di San Benedetto da Norcia, prevedeva 1/4 di litro di vino al giorno per ciascun monaco.
La “muccigna” e il Pecorino CIPREA
Riporto l'articolo pubblicato su Bibenda da Nila Halun Enoteca Bibenda, Assisi.
"La muccigna è una cassetta di pescato. L’ultima raccolta dalle reti dei pescherecci, a San Benedetto del Tronto, prima di entrare in porto. È composta di pesci piccoli, difficili da commercializzare, di non grande pregio ma di assoluta freschezza. Il più delle volte questo pesce viene consumato nelle famiglie dei pescatori stessi, raramente finisce nella cucina di qualche ristorante.
Proprio l’altra settimana Antonio Pignotti che, insieme al fratello Orlando, conduce il ristorante dello Chalet “Stella Marina” sulla spiaggia di Grottammare, ci mostra tre cassette di muccigna appena arrivate, dove ancora si agitano piccole sogliole, pescatrici, merluzzetti, tracine, rombetti chiodati e qualche mazzolina.
In breve tempo il pesce è cucinato e portato in tavola. I piatti sono semplici, nel solco della tradizione ascolana, e preparati con cura. Primo fra tutti il caratteristico brodetto alla sanbenedettese, quasi bianco con pomodorini verdi, peperoni, cipolle e aceto, seguito da un imprescindibile fritto misto dell’Adriatico.
A questo punto non restava che accompagnare il tutto con un vino adeguato. Di buona struttura, fresco e di spiccata sapidità. Tra tutte le etichette della cantina la scelta cade su un Pecorino: il Ciprea dei Poderi Capecci San Savino, vigneti collinari a dieci chilometri dal mare, tra Ripatransone e Offida. Dove sembra di essere nelle Langhe. Colline vitate a perdita d’occhio alternate agli olivi e a suggestivi Calanchi.
Eppure il Pecorino, così come viene oggi proposto, ha storia recente. Perché di recente riscoperto. Rischiava infatti di andare perduto come molti altri vitigni italici, relegato in territori sempre più ristretti a causa della sua ridotta produttività. Tipico della zona a cavallo tra le provincie di Macerata e Ascoli Piceno, deve il suo nome proprio alla caratteristica di quei territori. Terre di pascoli e dunque di pecore. Sembra infatti che i piccoli acini di quest’uva (da cui il nome anche di Uva Piccoletta o Uvina), che matura molto presto e predilige siti collinari freschi, piacessero molto alle pecore. All’assaggio questo Pecorino Ciprea 2010 Doc Offida è giallo paglierino con riflessi verdolini. Al naso, note di erbe aromatiche accompagnate da un’accentuata mineralità. In bocca si rivela caldo, supportato da una vena acida e da una buona sapidità. La maturazione avviene esclusivamente in acciaio ed è un vino molto versatile. Oltre ai piatti di pesce, con cui l’abbiamo accompagnato, è possibile abbinarlo anche ai salumi tipici del territorio ascolano, tra cui il noto Ciauscolo - un salame dalla caratteristica consistenza che lo rende spalmabile - oltre naturalmente ad altri piatti della cucina ascolana in un gioco di accostamenti tutti da sperimentare."
"La muccigna è una cassetta di pescato. L’ultima raccolta dalle reti dei pescherecci, a San Benedetto del Tronto, prima di entrare in porto. È composta di pesci piccoli, difficili da commercializzare, di non grande pregio ma di assoluta freschezza. Il più delle volte questo pesce viene consumato nelle famiglie dei pescatori stessi, raramente finisce nella cucina di qualche ristorante.
Proprio l’altra settimana Antonio Pignotti che, insieme al fratello Orlando, conduce il ristorante dello Chalet “Stella Marina” sulla spiaggia di Grottammare, ci mostra tre cassette di muccigna appena arrivate, dove ancora si agitano piccole sogliole, pescatrici, merluzzetti, tracine, rombetti chiodati e qualche mazzolina.
In breve tempo il pesce è cucinato e portato in tavola. I piatti sono semplici, nel solco della tradizione ascolana, e preparati con cura. Primo fra tutti il caratteristico brodetto alla sanbenedettese, quasi bianco con pomodorini verdi, peperoni, cipolle e aceto, seguito da un imprescindibile fritto misto dell’Adriatico.
A questo punto non restava che accompagnare il tutto con un vino adeguato. Di buona struttura, fresco e di spiccata sapidità. Tra tutte le etichette della cantina la scelta cade su un Pecorino: il Ciprea dei Poderi Capecci San Savino, vigneti collinari a dieci chilometri dal mare, tra Ripatransone e Offida. Dove sembra di essere nelle Langhe. Colline vitate a perdita d’occhio alternate agli olivi e a suggestivi Calanchi.
Eppure il Pecorino, così come viene oggi proposto, ha storia recente. Perché di recente riscoperto. Rischiava infatti di andare perduto come molti altri vitigni italici, relegato in territori sempre più ristretti a causa della sua ridotta produttività. Tipico della zona a cavallo tra le provincie di Macerata e Ascoli Piceno, deve il suo nome proprio alla caratteristica di quei territori. Terre di pascoli e dunque di pecore. Sembra infatti che i piccoli acini di quest’uva (da cui il nome anche di Uva Piccoletta o Uvina), che matura molto presto e predilige siti collinari freschi, piacessero molto alle pecore. All’assaggio questo Pecorino Ciprea 2010 Doc Offida è giallo paglierino con riflessi verdolini. Al naso, note di erbe aromatiche accompagnate da un’accentuata mineralità. In bocca si rivela caldo, supportato da una vena acida e da una buona sapidità. La maturazione avviene esclusivamente in acciaio ed è un vino molto versatile. Oltre ai piatti di pesce, con cui l’abbiamo accompagnato, è possibile abbinarlo anche ai salumi tipici del territorio ascolano, tra cui il noto Ciauscolo - un salame dalla caratteristica consistenza che lo rende spalmabile - oltre naturalmente ad altri piatti della cucina ascolana in un gioco di accostamenti tutti da sperimentare."
venerdì 9 marzo 2012
VINO 2.0 : LE CANTINE E I SOCIAL NETWORK
Facebook conta più di 850 milioni di utenti nel mondo, Twitter ha superato i 500 milioni, YouTube è il sito n. 3 del pianeta per visite giornaliere dopo Google e lo stesso Facebook, e LinkedIn ha già passato la soglia dei 100 milioni di profili registrati. Pochi numeri, per dare l’idea della portata del fenomeno dei social network. Le cui potenzialità, pare, sono sempre più nei pensieri del mondo del vino. Al punto che, ormai, l’80% della cantine italiane al top utilizza in qualche modo il web 2.0 per il proprio business.E quel 20% che ancora non lo fa, in ogni caso, prevede di farlo nel 2012. Il social network più gettonato, in linea con i trend globali, è Facebook, utilizzato dal 70% dei produttori per interagire con
il pubblico di Internet di tutto il mondo, fatto soprattutto di giovani, ma non solo. Poi viene Twitter (55%) seguito a pari merito da YouTube e dai “blog”, utilizzati dal 35% delle cantine. E poi c’è LinkedIn,social network in voga soprattutto tra i professionisti, che coinvolge un’azienda su 5. In ogni caso,
emerge chiara la tendenza che, ad oggi, il social networking non è utilizzato tanto per fare business diretto, ovvero vendere bottiglie, quanto per comunicare eventi, stimolare discussioni, ma anche per rimanere in contatto non solo con il pubblico, ma anche con le più importanti testate on line e blog del settore, per organizzare degustazioni e per migliorare la riconoscibilità e la reputazione del proprio
brand, cosa sempre più importante in un mercato inflazionato di etichette, attraverso quello che ormai è il primo mezzo di comunicazione-informazione del mondo, ovvero il web 2.0.
il pubblico di Internet di tutto il mondo, fatto soprattutto di giovani, ma non solo. Poi viene Twitter (55%) seguito a pari merito da YouTube e dai “blog”, utilizzati dal 35% delle cantine. E poi c’è LinkedIn,social network in voga soprattutto tra i professionisti, che coinvolge un’azienda su 5. In ogni caso,
emerge chiara la tendenza che, ad oggi, il social networking non è utilizzato tanto per fare business diretto, ovvero vendere bottiglie, quanto per comunicare eventi, stimolare discussioni, ma anche per rimanere in contatto non solo con il pubblico, ma anche con le più importanti testate on line e blog del settore, per organizzare degustazioni e per migliorare la riconoscibilità e la reputazione del proprio
brand, cosa sempre più importante in un mercato inflazionato di etichette, attraverso quello che ormai è il primo mezzo di comunicazione-informazione del mondo, ovvero il web 2.0.
domenica 19 febbraio 2012
I NUOVI ENOTURISTI
Con 5 miliardi di euro l’anno e 3 milioni di turisti, dopo anni di crescita continua l’enoturismo è pronto per diventare un asset importante della voce turistica italiana. Ma serve coordinamento a livello centrale tra tutte le forze in campo dell’offerta enoturistica, con strumenti unitari di promozione e di analisi. L’enoturismo rappresenta un valore aggiunto sempre più importante di altre tipologie di vacanza, come quella culturale, il turismo di affari ed il wellness. Un
pubblico sempre più giovane, quello dell’enoturismo, con il 70% degli ospiti under 50, sempre più connesso e destagionalizzato. Per questo e per mille altri motivi è giusto e conveniente puntare su vino e territori rurali, due tra le più affermate voci del nostro made in Italy. Con gli enoturisti sempre più “2.0”: non semplici winelovers ma un popolo che confronta offerta, prezzi e qualità in tempo reale
sul proprio smartphone e sui social media. 2 clienti su 3 scelgono l’itinerario e la visita in cantina da soli sul web e per intercettare questa realtà fioriscono siti e “apps”, si moltiplicano le campagne “viral” sulla rete e i contenuti “ugc”. Esempi? Da www.movinclick.it, una sorta di Facebook enologico con tutti gli strumenti tipici del web 2.0 (forum, chat, condivisione di file multimediali, pagina personale) ma con tanto di “tasting note” sulle bottiglie preferite, da poter condividere, oltre ai ‘panel di assaggio’ da fare comodamente in poltrona, senza muoversi da casa. Tra
le particolarità, anche la possibilità di definire il proprio “stato sentimentale” col vino e di avere un avatar personalizzato a seconda della categoria di appartenenza (da appassionato a tecnico).
pubblico sempre più giovane, quello dell’enoturismo, con il 70% degli ospiti under 50, sempre più connesso e destagionalizzato. Per questo e per mille altri motivi è giusto e conveniente puntare su vino e territori rurali, due tra le più affermate voci del nostro made in Italy. Con gli enoturisti sempre più “2.0”: non semplici winelovers ma un popolo che confronta offerta, prezzi e qualità in tempo reale
sul proprio smartphone e sui social media. 2 clienti su 3 scelgono l’itinerario e la visita in cantina da soli sul web e per intercettare questa realtà fioriscono siti e “apps”, si moltiplicano le campagne “viral” sulla rete e i contenuti “ugc”. Esempi? Da www.movinclick.it, una sorta di Facebook enologico con tutti gli strumenti tipici del web 2.0 (forum, chat, condivisione di file multimediali, pagina personale) ma con tanto di “tasting note” sulle bottiglie preferite, da poter condividere, oltre ai ‘panel di assaggio’ da fare comodamente in poltrona, senza muoversi da casa. Tra
le particolarità, anche la possibilità di definire il proprio “stato sentimentale” col vino e di avere un avatar personalizzato a seconda della categoria di appartenenza (da appassionato a tecnico).
IL NUOVO VIGNETO ITALIA
Si “muove” eccome, il “Vigneto Italia”, con tanti ettari persi in 10 anni, e cantine più che dimezzate nel numero. Ecco l’analisi in base al Censimento Agricoltura 2011
dell’Istat. Se il numero delle aziende vitivinicole, dal 2000 al 2010, è sceso da 791.091 a 383,645, il “Vigneto Italia” è passato da 717.333 ettari complessivi del 2000, ai 632.140 del 2010 (-12%). Ma guardando più in dettaglio, si notano fenomeni interessanti, come il comportamento diversissimo, per esempio, delle due regioni più blasonate del Belpaese: se in Piemonte è sparito il 12% degli ettari vitati,
la Toscana ne ha perso appena il 3%. La Regione che ha visto il crollo maggiore, in percentuale, è il Lazio (-45,7%). E se il Veneto, in un decennio, è stato sostanzialmente stabile, l’unica Regione che ha visto crescere il numero dei propri ettari è stata il Trentino Alto Adige (+11%), che è anche la Regione che ha perso il minor numero di aziende in percentuale (da 15.325 a 12.729, -16,9%). E, sempre in
tema di vigneti, non sembra riuscito completamente, almeno nell’arco di una decade, il piano di diminuzione in Sicilia: l’isola resta ancora la Regione che possiede il più alto numero di ettari coltivati a vigneto in Italia (erano 121.796 nel 2000, sono 110.699 nel 2010, con un decremento del 9,5%), seguita dalla Puglia con 96.750 nel 2010 (contro i 111.290 ettari del 2000, -13%) e dal Veneto (73.708 nel 2010). Tra le regioni che perdono più aziende vitivinicole, il record dei peggiori spetta ancora al Lazio con un vero e proprio crollo, da 69.371 aziende nel 2010 a 20.485 nel 2010 (-70,5%), seguita dalla Liguria (da 12.544 nel 2000 a 3.940 nel 2010, -68%) e dalla Calabria (da 34.291 a 13.390 -61%). Il primato del numero delle cantine, però, nonostante diminuzioni importanti in percentuale (dal 42 al 51%) spetta sempre al Sud guidato dalla Puglia con 47.901 aziende vitivinicole, seguita da Campania (41.624) e Sicilia (40.611). Ma nonostante questi cali, il vino italiano cresce in valore e in qualità ...
dell’Istat. Se il numero delle aziende vitivinicole, dal 2000 al 2010, è sceso da 791.091 a 383,645, il “Vigneto Italia” è passato da 717.333 ettari complessivi del 2000, ai 632.140 del 2010 (-12%). Ma guardando più in dettaglio, si notano fenomeni interessanti, come il comportamento diversissimo, per esempio, delle due regioni più blasonate del Belpaese: se in Piemonte è sparito il 12% degli ettari vitati,
la Toscana ne ha perso appena il 3%. La Regione che ha visto il crollo maggiore, in percentuale, è il Lazio (-45,7%). E se il Veneto, in un decennio, è stato sostanzialmente stabile, l’unica Regione che ha visto crescere il numero dei propri ettari è stata il Trentino Alto Adige (+11%), che è anche la Regione che ha perso il minor numero di aziende in percentuale (da 15.325 a 12.729, -16,9%). E, sempre in
tema di vigneti, non sembra riuscito completamente, almeno nell’arco di una decade, il piano di diminuzione in Sicilia: l’isola resta ancora la Regione che possiede il più alto numero di ettari coltivati a vigneto in Italia (erano 121.796 nel 2000, sono 110.699 nel 2010, con un decremento del 9,5%), seguita dalla Puglia con 96.750 nel 2010 (contro i 111.290 ettari del 2000, -13%) e dal Veneto (73.708 nel 2010). Tra le regioni che perdono più aziende vitivinicole, il record dei peggiori spetta ancora al Lazio con un vero e proprio crollo, da 69.371 aziende nel 2010 a 20.485 nel 2010 (-70,5%), seguita dalla Liguria (da 12.544 nel 2000 a 3.940 nel 2010, -68%) e dalla Calabria (da 34.291 a 13.390 -61%). Il primato del numero delle cantine, però, nonostante diminuzioni importanti in percentuale (dal 42 al 51%) spetta sempre al Sud guidato dalla Puglia con 47.901 aziende vitivinicole, seguita da Campania (41.624) e Sicilia (40.611). Ma nonostante questi cali, il vino italiano cresce in valore e in qualità ...
sabato 28 gennaio 2012
VINO AL METEORITE
Ai vari profumi che gli enologi attribuiscono al vino sta per aggiungersi anche il “retrogusto meteorite”. La provocazione “spaziale” arriva dal Cile, dove un
produttore e astronomo, Ian Hutcheon, ha lanciato il “Meteorito”, un Cabernet Sauvignon fatto invecchiare in botte con un frammento di un asteroide datato 4,5 miliardi di anni fa. “Sono stato interessato al vino e all’astronomia per molti anni - spiega Ian Hutcheon - e volevo trovare un modo per combinare le due cose”. Il frammento utilizzato, lungo circa 7 centimetri, è stato donato da un collezionista Usa, e proviene da un meteorite caduto nel deserto di Atacama 6.000 anni fa. Sarei curioso di assaggiarlo!!!!
produttore e astronomo, Ian Hutcheon, ha lanciato il “Meteorito”, un Cabernet Sauvignon fatto invecchiare in botte con un frammento di un asteroide datato 4,5 miliardi di anni fa. “Sono stato interessato al vino e all’astronomia per molti anni - spiega Ian Hutcheon - e volevo trovare un modo per combinare le due cose”. Il frammento utilizzato, lungo circa 7 centimetri, è stato donato da un collezionista Usa, e proviene da un meteorite caduto nel deserto di Atacama 6.000 anni fa. Sarei curioso di assaggiarlo!!!!
L'IDENTIKIT DEL CONSUMATORE IN TEMPO DI CRISI
Poco magazzino, vini più legati al consumo quotidiano ma con un migliore rapporto qualità/prezzo: così la crisi diventa un’opportunità per fare piazza pulita dei vini che non piacciono più. Bollicine e vini leggeri? Una ‘moda duratura’, ma solo se l’offerta sarà di qualità. I consumatori non ne potevano più di vini strutturati e alcolici. Quelli, per intenderci, che quattro persone a tavola durante una cena non riescono a finire. È questa l’altra faccia della crisi, quella che di fronte alla necessità di ridurre i costi diventa un’opportunità per alleggerire la cantina: la maggiore coscienza si riflette anche su una corretta gestione del magazzino e sulla sua rotazione, portando il ristoratore a rinunciare alle etichette che non sono particolarmente vendute o richieste e a concentrare la propria offerta. Per fare la giusta carta dei vini bisogna allora fare l’identikit del nuovo consumatore, sfatando magari alcuni tabù, perché è vero che la crisi e le campagne contro il consumo di bevande alcoliche stanno condizionando i consumi di vino al ristorante, ma è altrettanto vero che la diminuzione dei consumi è in atto ormai da anni in Italia e tendenzialmente li porterà al di sotto dei 40 litri pro capite; la causa è il cambiamento nello stile di vita, rivolto a una maggiore attenzione verso il proprio corpo e verso gli aspetti salutistici dell’alimentazione. Inoltre, i vini strutturati non piacciono più così tanto, mentre il consumatore medio è più informato, curioso, viaggia e assaggia vini di altri Paesi. Infine, professionisti come i sommelier possono fare la differenza tra bere colto e informato e quello generalista. Viste queste premesse, le nuove carte dei vini dovrebbero essere un mix di etichette, tendenzialmente più legate al consumo quotidiano, con vini più leggeri, freschi e "beverini".Il desiderio di bere vini leggeri però prenderà piede solo per i vini che risulteranno gratificanti alla beva, di buona sapidità ed espressione riconoscibile dei più disparati territori vitivinicoli italiani. E poi ci sono le bollicine, che sono una forte tendenza attuale per un consumo che ormai copre tutto l’anno. Fondamentale sarà il rapporto qualità/prezzo e il ruolo di ristoratori e sommelier capaci di raccontare il vino, consigliare e orientare l’acquisto verso il gusto che il cliente cerca e verso il prezzo che è disposto a spendere.
PILLOLE DI SCIENZA: I TIOLI
Il termine “mineralità” è molto usato da parte delle riviste specializzate, delle guide e anche da parte dei produttori. Questa tendenza è evidente nel mondo
anglosassone che associa questo carattere alla qualità, all’originalità e all'autenticità soprattutto per i vini bianchi di regioni settentrionali ( come il Riesling). Eppure non esistono pubblicazioni scientifiche dedicate a questo tema. La maggiore difficoltà nasce dal fatto che la mineralità è una sensazione multisensoriale e multimodale che combina olfatto, gusto e reazioni trigeminali. Si distingue una mineralità salina da una mineralità amara e viene descritta da note aromatiche di selce, pietra focaia, pietre secche, grafite,ostriche fresche, fumèe, cherosene,etc. Spesso è associata al terroir che per alcuni degustatori conferisce le note minerali. La ricerca rimane molto scettica su queste ipotesi fantasiose e attribuisce invece queste note sensoriali ad alcuni composti solforati, i "TIOLI" presenti in forma ridotta, legati al vitigno e alle condizioni di maturazione dell’uva. In effetti il benzenemetanetiolo conferisce una dimensione empireumatica al vino molto simile alla nota di pietra focaia. Una recente ricerca condotta su vini di Borgogna ha permesso di evidenziare una diversa percezione di mineralità da parte dei degustatori. Abbastanza comune sembra invece la sensazione sensoriale associata
ai composti solforati ed all’equilibrio acido.
anglosassone che associa questo carattere alla qualità, all’originalità e all'autenticità soprattutto per i vini bianchi di regioni settentrionali ( come il Riesling). Eppure non esistono pubblicazioni scientifiche dedicate a questo tema. La maggiore difficoltà nasce dal fatto che la mineralità è una sensazione multisensoriale e multimodale che combina olfatto, gusto e reazioni trigeminali. Si distingue una mineralità salina da una mineralità amara e viene descritta da note aromatiche di selce, pietra focaia, pietre secche, grafite,ostriche fresche, fumèe, cherosene,etc. Spesso è associata al terroir che per alcuni degustatori conferisce le note minerali. La ricerca rimane molto scettica su queste ipotesi fantasiose e attribuisce invece queste note sensoriali ad alcuni composti solforati, i "TIOLI" presenti in forma ridotta, legati al vitigno e alle condizioni di maturazione dell’uva. In effetti il benzenemetanetiolo conferisce una dimensione empireumatica al vino molto simile alla nota di pietra focaia. Una recente ricerca condotta su vini di Borgogna ha permesso di evidenziare una diversa percezione di mineralità da parte dei degustatori. Abbastanza comune sembra invece la sensazione sensoriale associata
ai composti solforati ed all’equilibrio acido.
giovedì 12 gennaio 2012
LE TENDENZE DEL VINO NEL 2012
Quali saranno i trend 2012 per il vino italiano, tra tensioni finanziarie,Imu e il costo dei carburanti alle stelle? ....ma, il vigneto del Belpaese potrebbe avere qualche asso nella manica. L’export continuerà a rappresentare l’antidoto alle difficoltà del mercato interno. E per i vini del made in Italy sarà importante la
ricettività dei mercati asiatici, in testa la Cina e l’India, approdo “naturale” per i grandi brand, un po’ meno immediato, ma potenzialmente importantissimo, per i piccoli. Il mercato interno,negli ultimi anni in costante calo, potrebbe complicarsi ulteriormente a causa della crisi, ma tanti produttori sembrano voler tornare ad investire con più decisione anche “in patria”, se non per far crescere i consumi, almeno per fermarne la discesa. Mercato italiano che potrebbe reagire con segni di
discontinuità, in favore di un ritorno al classico, cioè ad etichette ed aziende storicizzate dalla forza del proprio marchio o da quella del proprio stile e della propria consistenza e continuità qualitativa. Una sorta di rassicurante “caccia” alle certezze. Il 2012, probabilmente, vedrà divaricarsi ancora di più, in Italia e nel mondo, la forbice di prezzi, polarizzando i consumi tra vini “cheap” (fino a 5 euro) e “fine wines” (da 50 euro in su). Ma, a sorpresa, potrebbe anche essere l’anno della riscossa dei “second vin”,il cui prezzo è nel mezzo, che hanno sofferto nel recente passato ma che, potrebbero riconquistare qualche posizione, grazie ad una qualità che, spesso, rasenta quella dei “cru”, e alla competenza di consumatori sempre più preparati. L’idea di sostenibilità ambientale, poi, continuerà a tirare, con i vini da agricoltura biologica e/o biodinamica che emergeranno ancora di più nel “Vecchio Mondo”, ma il cui appeal potrebbe valicare l’oceano, U.S.A. in testa. E crescerà la richiesta di vini più bevibili ed equilibrati, anche se il riscaldamento globale
continuerà a spostare il profilo organolettico dei vini in direzione opposta, a partire dal grado alcolico.
ricettività dei mercati asiatici, in testa la Cina e l’India, approdo “naturale” per i grandi brand, un po’ meno immediato, ma potenzialmente importantissimo, per i piccoli. Il mercato interno,negli ultimi anni in costante calo, potrebbe complicarsi ulteriormente a causa della crisi, ma tanti produttori sembrano voler tornare ad investire con più decisione anche “in patria”, se non per far crescere i consumi, almeno per fermarne la discesa. Mercato italiano che potrebbe reagire con segni di
discontinuità, in favore di un ritorno al classico, cioè ad etichette ed aziende storicizzate dalla forza del proprio marchio o da quella del proprio stile e della propria consistenza e continuità qualitativa. Una sorta di rassicurante “caccia” alle certezze. Il 2012, probabilmente, vedrà divaricarsi ancora di più, in Italia e nel mondo, la forbice di prezzi, polarizzando i consumi tra vini “cheap” (fino a 5 euro) e “fine wines” (da 50 euro in su). Ma, a sorpresa, potrebbe anche essere l’anno della riscossa dei “second vin”,il cui prezzo è nel mezzo, che hanno sofferto nel recente passato ma che, potrebbero riconquistare qualche posizione, grazie ad una qualità che, spesso, rasenta quella dei “cru”, e alla competenza di consumatori sempre più preparati. L’idea di sostenibilità ambientale, poi, continuerà a tirare, con i vini da agricoltura biologica e/o biodinamica che emergeranno ancora di più nel “Vecchio Mondo”, ma il cui appeal potrebbe valicare l’oceano, U.S.A. in testa. E crescerà la richiesta di vini più bevibili ed equilibrati, anche se il riscaldamento globale
continuerà a spostare il profilo organolettico dei vini in direzione opposta, a partire dal grado alcolico.
martedì 3 gennaio 2012
ESTERO: IL FUTURO DEL VINO ITALIANO
Un bilancio ufficiale ancora non c’è, ma pare proprio che il 2011 segnerà un nuovo record dell’export in volume e valore per il vino italiano. Con i consumi pro-capite in strutturale calo sotto i 40 litri all’anno, sembra proprio che la rotta delle cantine per crescere ancora, sia quella dell’estero. Ma tra mercati stranieri
consolidati come gli Stati Uniti, o emergenti come l’Asia, il rischio di “trascurare” gli investimenti per riconquistare i consumatori nel Belpaese è dietro l’angolo. E sarebbe un errore clamoroso, perché l’Italia è tra i primi 4 Paesi al mondo per consumo pro-capite. E anche l’estero va gestito bene: molti si stanno concentrando sui mercati emergenti, lasciando spazi vuoti, per assurdo, nei mercati storici. Il futuro, però, si gioca nella sfida oltreconfine, dove ci sono mercati immensi in cui il vino italiano sta avendo un grande successo perché è espressione del nostro stile di vita, che è tanto amato in tutto il mondo.
consolidati come gli Stati Uniti, o emergenti come l’Asia, il rischio di “trascurare” gli investimenti per riconquistare i consumatori nel Belpaese è dietro l’angolo. E sarebbe un errore clamoroso, perché l’Italia è tra i primi 4 Paesi al mondo per consumo pro-capite. E anche l’estero va gestito bene: molti si stanno concentrando sui mercati emergenti, lasciando spazi vuoti, per assurdo, nei mercati storici. Il futuro, però, si gioca nella sfida oltreconfine, dove ci sono mercati immensi in cui il vino italiano sta avendo un grande successo perché è espressione del nostro stile di vita, che è tanto amato in tutto il mondo.
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